Muore dopo aver contratto il Covid in farmacia, la famiglia richiede all’Inail risarcimento di oltre un milione di euro, ricevendone infine 400mila. È quanto accaduto a Bari, protagonisti della vicenda gli eredi di un farmacista di 46 anni che in seguito al decesso dell’uomo si sono rivolti all’associazione “Giustitalia”.
L’uomo, in particolare, aveva contratto il covid-19 nel mese di aprile 21 sul posto di lavoro, una farmacia del centro. Dopo un’attenta istruttoria tramite il “tracciamento” dei contatti, si è appurato che il farmacista aveva contratto il covid tramite il contatto con un collega positivo (prima di lui). L’Associazione Giustitalia, che si occupa tra le altre cose di infortuni sul lavoro, ha così inoltrato una richiesta indennitaria e risarcitoria per conto degli eredi di oltre mezzo milione di euro, così come previsto dalla circolare n. 22 del 20 maggio 2020.
Quest’ultima, ad integrazione e precisazione delle prime indicazioni fornite con la circolare n. 13 del 3 aprile 2020, ribadisce che l’Inail, ai sensi dell’art. 42, c. 2 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n.27, fornisce tutela infortunistica ai lavoratori che hanno contratto l’infezione SARS-Cov-2 in occasione di lavoro, secondo il consolidato principio giuridico che equipara la causa virulenta alla causa violenta propria dell’infortunio. L’indennità per inabilità temporanea assoluta copre anche il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria – sempre che il contagio sia riconducibile all’attività lavorativa – con la conseguente astensione dal lavoro.
Gli oneri degli eventi infortunistici del contagio non incidono sull’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, ma sono posti a carico della gestione assicurativa, a tariffa immutata, e quindi non comportano maggiori oneri per le imprese. Con la circolare sono inoltre meglio precisati i criteri e la metodologia su cui l’Istituto si basa per ammettere a tutela i casi di contagio da nuovo coronavirus avvenuti in occasione di lavoro e vengono altresì chiarite le condizioni per l’eventuale l’avvio dell’azione di regresso, precisando a tal fine che “in assenza di una comprovata violazione delle misure di contenimento del rischio di contagio indicate dai provvedimenti governativi e regionali, sarebbe molto arduo ipotizzare e dimostrare la colpa del datore di lavoro”.
Nella circolare, infine, viene chiarito che il riconoscimento dell’origine professionale del contagio non ha alcuna correlazione con i profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro nel contagio medesimo, che è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del d.l. 16 maggio 2020, n.33″. Con questi presupposti, la famiglia, dopo un’accurata battaglia, ha così ricevuto un indennizzo di 400mila euro a monte di un milione richiesto nelle fasi primarie.
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