Vola l’export della pasta pugliese nel mondo con un aumento delle vendite all’estero del 44%, sotto la spinta dell’allarme globale provocato dalla guerra in Ucraina sulla certezza e salubrità del cibo che ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza.
E’ quanto emerge dall’analisi di Coldiretti Puglia, sulla base dei dati Istat Coeweb sulle esportazioni della pasta pugliese all’estero, proprio quando coltivare grano è costato agli agricoltori pugliesi fino a 600 euro in più ad ettaro a causa dell’impennata dei costi di produzione causata dall’effetto a valanga della guerra in Ucraina dopo la crisi generata dalla pandemia Covid, che si riflette a cascata dalle sementi al gasolio fino ai fertilizzanti, mentre i prezzi del grano duro sono in caduta libera.
In Puglia, tra l’altro, la produzione è crollata nel 2022 del 35%-40% a causa della siccità, mentre ad essere più penalizzati con i maggiori incrementi percentuali di costi correnti – continua la Coldiretti Puglia – sono state proprio le coltivazioni di cereali, dal grano all’avena, che servono al Paese a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato.
Da rilevare il picco storico della forbice dei prezzi tra grano duro e semole – aggiunge Coldiretti Puglia – mai così ampia, con una differenza di 300 euro dal campo alla prima trasformazione. La volontà degli industriali di far scendere il prezzo del grano italiano è emersa – aggiunge Coldiretti Puglia – anche durante le sedute della CUN a Roma, oltre all’andamento in picchiata alle Borse Merci di Bari e Foggia, dove il grano duro ha perso 80 euro a tonnellata in qualche settimana.
La minor produzione pesa sulle aziende cerealicole che hanno dovuto affrontare rincari delle spese di produzione che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio con incrementi medi dei costi correnti del 68% secondo elaborazioni Coldiretti su dati del Crea. Il taglio dei raccolti causato dall’incremento dei costi e dalla grave e perdurante siccità in alcune aree delle province di Bari e Foggia – sottolinea Coldiretti Puglia – rischia di aumentare ulteriormente la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari, con l’Italia che è già obbligata ad importare il 64% del grano per il pane e il 44% di quello necessario per la pasta.
La Puglia è il principale produttore italiano di grano duro, con 360.000 ettari coltivati e 10milioni di quintali prodotti in media all’anno. La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra con anni di disattenzione e di concorrenza sleale delle importazioni dall’estero, soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore in Puglia ed in Italia, che nell’ultimo decennio – denuncia Coldiretti Puglia – hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati, con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente.