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Bari, dalle sparatorie degli anni passati alla calma “apparente”: sui terrazzi del Libertà si addestrano le nuove leve

Pubblicato da: Rosanna Volpe | Mar, 16 Agosto 2022 - 06:30

Una raffica di spari, qualcuno si trascina prima di rovinare a terra in una pozza di sangue. Le sirene della polizia, le transenna e le urla di mamme e moglie disperate che rompono il silenzio assordante. Si sparava a Bari. Si sparava tanto. E la fotografia sulla scena del crimine, era più o meno sempre la stessa. Prima trivellate solo notturne. Poi negli orari più disparati. A pochi passi dalle scuole, nei mercati o semplicemente nelle vie centrali dei quartieri: da San Girolamo a San Pasquale. Senza dimenticare Carrassi, Carbonara e Libertà. La chiamavano la “guerra dei clan”. E di guerra in effetti si trattava. Una guerra che ha lasciato a terra boss e affiliati, ma anche innocenti uccisi per errore.

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Ci sono stati anni in cui a Bari si aveva paura. Paura di moto che sfrecciavano tra le vie, di colpi che trivellavano con precisione. Si aveva paura di guardare negli occhi i boss e i figliocci nei quartieri. Di sfidarli, non cedendo il passo agli incroci. Erano gli anni ’90. Una scia di paura e rassegnazione che è andata oltre il primo decennio del 2000. Poi sono arrivate le sirene della polizia e dei carabinieri, gli arresti che hanno decapitato i clan: boss e affiliati dietro alle sbarre. Operazioni che hanno coinvolto tutta la città, quartiere per quartiere. spacchettando poteri pluriventennali. Oggi Bari è una città dove si spara meno. Sì vero, ma anche una città che ha un tessuto mafioso ben radicato che affonda le sue radici nell’estorsione, nello spaccio e nel controllo del territorio oggi affidato alle nuove leve. Un cambiamento che Domenico Mortellaro, criminologo pugliese, racconta a Borderline24.

Chi ha memoria della storia di questa città, ricorderà che i fatti di sangue, le sparatorie, erano molto frequenti, che cosa è cambiato negli anni?

Non si spara più perché sono ormai definiti i territori e le competenze. Senza dimenticare che i vertici sono tutti alla sbarra e mettere in discussione una gerarchia stabile è rischioso. Non solo: la gran parte dei gruppi d fuoco è stato smantellato e le nuove leve non hanno professionalità con le armi. In passato era diverso, i raid erano chirurgici. A sparare c’erano veri professionisti impiegati per eseguire un compito ben preciso: uccidere o gambizzare. E soprattutto non usavano droga.  Direi che questa è un’altra buona ragione per cui si spara meno. Certo le esercitazioni continuano: basti pensare alle batterie sparate al Libertà per un mese: servivano a coprire colpi esplosi sui terrazzi. Perché storicamente le esercitazioni avvengono proprio lì.

Che criminalità è questa? Che tipo di codici utilizza?

I codici sono solo una narrazione. La mafia non ha mai avuto codici. La favola dei “bambini e delle donne che non si toccano”, è stata smentita ripetutamente dai fatti di cronaca. Qui a Bari quelle poche regole che esistevano, sono saltate con l’ascesa degli Strisciuglio. Dobbiamo ricordare che questo clan ha assorbito frange de Laraspata, un clan pericoloso e sempre armato. Gli Strisciuglio sono stati educati da loro. Da gente capace di far scoppiare un’auto bomba nel 1994 in occasione della sconfitta dell’Italia ai mondiali. Poteva essere una strage.  che ha ereditato dai residui assorbiti della Laraspata tutta la ferocia che li ha contraddistinti. Le prime stese, che tutti credono siano eredità campane, sono state le loro: trivellavano di colpi gli edifici dei Capriati, in piazza San Pietro a Bari vecchia.

Lei ripete spesso che abbiamo dato il tempo a questa mafia di strutturarsi e di caratterizzarsi fino ad essere un esempio per altre realtà criminali. Lei la chiama camorra barese perché?

Era il primo Maggio del 1983. In una cella di galera, per espressa volontà della ‘Ndrangheta, è nata in Puglia la Sacra Corona Unita, la quarta mafia. Dalla sua dissoluzione, nel processo di due anni dopo, come schegge impazzite, nacquero tutti i sistemi criminali organizzati pugliesi. A Bari nacque la camorra barese. Una camorra fatta di divisioni territoriali ben definite. In cui ogni boss decide sul suo territorio in maniera assoluta. In questa mafia sono ammesse affiliazione ma solo per condividere dei progetti a scadenza. Così la Camorra Barese, che da quarant’anni, inonda le strade di droga, infiltra le economie, strangola il commercio.

L’uscita (probabile) di Parisi dal carcere potrà in qualche modo spostare gli equilibri?

Sicuramente farà tanto rumore. Ma Parisi sa di essere sempre sotto i riflettori. Sa anche che il suo clan ha abbandonato la strada ormai da tempo. Il suo quartiere ha altri capi e i suoi uomini hanno fatto affari altrove, dove cioè hanno investito a lungo. Credo che anche questo sia chiaro e definito nella geografia criminale. Il dubbio è che cercheranno di tenerlo in carcere per altre ragioni come già accaduto in passato. Troppo presto per dirlo, staremo a vedere…

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