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Epatite C, in Italia ancora troppo ‘sommerso’: “Necessario promuovere i test”

Pubblicato da: redazione | Mer, 3 Agosto 2022 - 10:00
Sono circa 100.000, in Italia, le persone con malattia di fegato causata da epatite C non diagnosticata e altre 280.000 che non sanno di avere la malattia in quanto asintomatica. Guarire è oggi possibile ma l’Italia è ancora lontana dall’obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità di eliminare il virus dell’HCV entro il 2030. Per questo “Hepatitis Can’t wait”, ovvero “non possiamo aspettare per avere un mondo libero dall’epatite C” è lo slogan della Giornata Mondiale delle Epatiti, che si celebra il 28 luglio.
La prevalenza dell’infezione da Hcv nella popolazione italiana è dell’1%, ma si stima che tra gli over75 anni salga fino al 6-7% per via di contagi avvenuti prima che il virus fosse scoperto, così come aumenta al 7% tra detenuti o tossicodipendenti. “Negli ultimi anni – spiega Alessandra Mangia, responsabile dell’Unità di Epatologia dell’Irccs Casa sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (FG) – tra le principali cause di trasmissione sono stati riscontrati manicure e pedicure, la pratica del piercing e dei tatuaggi, e i rapporti sessuali non protetti: fattori di rischio che possono riguardare tutti. Per questo è fondamentale favorire l’individuazione delle persone HCV positive così da arrestare la diffusione del virus”.
Eppure è ancora scarsa è la conoscenza della malattia, come dimostrano i dati dell’Indagine Doxa: il 64% degli italiani sa poco o nulla dell’HCV e il 73% non ha mai fatto il test.
Oggi l’epatite C è curabile grazie a farmaci che eliminano dall’organismo il virus e questo impedisce alla malattia di progredire fino ad arrivare alla cirrosi o al tumore del fegato. Alla luce di questo, a maggio 2021 è stato introdotto, con il Milleproroghe, lo screening per l’HCV, grazie a un finanziamento di oltre 70 milioni. Ma gli effetti della pandemia li hanno rallentati. Per questo, in occasione del World Hepatitis Day, Gilead Sciences rinnova l’appello. “Grazie ai nostri farmaci – dichiara Cristina le Grazie, direttore medico di Gilead Sciences – la storia dell’epatite C è cambiata, ma da soli i farmaci non bastano: dobbiamo continuare a diffonderne la conoscenza e promuovere i test per l’individuazione delle persone positive, così da arrestare la diffusione del virus e favorire l’accesso alle terapie a tutti”.
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