La talassemia, anche chiamata “anemia mediterranea”, fa parte di un gruppo di anemie ereditarie caratterizzate da un difetto di produzione delle catene proteiche (globine) che formano l’emoglobina. La forma di talassemia più diffusa in Italia è la β-talassemia, nella quale si ha un difetto della produzione delle catene beta, geneticamente trasmesso come carattere autosomico recessivo. In Italia, si stima che i pazienti talassemici siano circa 7.000, con concentrazione massima in alcune regioni del Centro-Sud: la regione più colpita è la Sicilia, in cui si contano 2.500 pazienti, seguita dalla Sardegna con 1.500; i restanti 3.000 pazienti sono abbastanza uniformemente distribuiti in tutto il resto della penisola.
Le mielodisplasie, causate da un difetto della cellula staminale del midollo osseo che produce globuli rossi, bianchi e piastrine, ogni anno fanno segnare un’incidenza di 3.000 nuovi casi in Italia. I sintomi compaiono già nei primi mesi di vita e se non si interviene con adeguate terapie le conseguenze possono essere deformazioni ossee, ingrossamento di milza e fegato, problemi di crescita, complicazioni epatiche, endocrine e cardiovascolari. Fino a 50 anni fa l’aspettativa di vita era di 10-15 anni, ma grazie ai risultati della ricerca questa è nettamente migliorata.
In entrambe le patologie la sopravvivenza dei pazienti oggi prevede, oltre a regimi dietetici particolari, trasfusioni ogni 2-3 settimane e assunzione quotidiana di terapia ferrochelante, che eviti i danni da accumulo/intossicazione di ferro in organi vitali (cuore, fegato e pancreas).
La Asl di Brindisi, impegnata nello sviluppo di una rete ematologica che sta compiendo i primi importanti passi, ha accolto questo importante dibattito e Flavio Maria Roseto, Direttore Generale dell’ASL di Brindisi ha spiegato il perché: “Ben venga il focus dedicato a possibili innovazioni terapeutiche che possano migliorare la vita delle persone affette da talassemia e anche allungarne l’aspettativa di vita stessa. La finalità è sicuramente degna della massima attenzione”.
Poi sulle nuove terapie oggi disponibili ha aggiunto: “Ci sono terapie farmacologiche nuove che riducono, al pari delle terapie geniche, la necessità di un numero elevato di trasfusioni riducendo così anche l’accumulo di ferro che genera altri tipi di problematiche connesse. Siamo in una fase di sperimentazione, ma se i risultati sono interessanti è bene andare veloci”.
“Il nuovo farmaco sta cambiando la vita dei pazienti e per questo credo che vada implementato l’utilizzo su più pazienti, ci potrà dare infatti delle grosse soddisfazioni e soprattutto potrà migliorare la qualità di vita dei pazienti- ha spiegato Domenico Pastore, direttore dell’ematologia presso l’ospedale A. Perrino di Brindisi.
Il mondo delle talassemie è cambiato. Fortunatamente l’aspettativa di vita dei pazienti affetti da talassemia è quasi sovrapponibile a quella di una persona normale, questo è sicuramente un successo della ricerca. Questi ultimi anni rappresentano un momento storico molto importante per la medicina personalizzata, per le Cart cell e per la terapia genica”. Non solo l’aspettativa di vita dei pazienti è cambiata, negli ultimi anni anche l’approccio del clinico nella cura della talassemia. Lo ha spiegato, prima di parlare di novità terapeutiche, Anna Maria Pasanisi, Dirigente Medico dell’UOC di Ematologia presso l’ospedale A. Perrino di Brindisi.
“Se prima si trattava quasi di sopravvivenza, di portare ad una certa età, la più lontana possibile, i pazienti, adesso si parla non solo di compenso clinico e prevenzione delle complicanze, che sono garantite sicuramente dalla terapia salvavita fondamentale trasfusionale e ferrochelante, ma le procedure trapiantologiche, che già esistevano e saranno implementate da tecniche di editing genomico, possono anche essere una promessa di guarigione, sicuramente di miglioramento della qualità di vita, insieme ai nuovi farmaci che già stiamo utilizzando, ancora in fase di sperimentazione. Questi nuovi farmaci ci fanno vedere la talassemia non più come una malattia incurabile, forse guaribile, ma se non guaribile è una malattia che può portare il nostro paziente ad un’età geriatrica”.
E l’esperienza presso il centro brindisino lo dimostra. Tra i nuovi farmaci oggi utilizzati, c’è luspatercept. “È stato recentemente messo in commercio e il centro di Brindisi lo segue già dai tempi dello studio Believe e oggi siamo nella fase di follow up post trattamento – ha proseguito Anna Maria Pasanisi -. Abbiamo arruolato 7 pazienti in uso compassionevole da maggio 2021, attualmente 10 pazienti sono in terapia con follow up variabili, le tossicità sono ridotte e abbiamo avuto discontinuazione per desiderio di maternità in due pazienti.
Il dato interessante è che cinque pazienti su 10, a 8 e a 12 mesi dal trattamento, hanno ridotto in maniera significativa la loro necessità trasfusionale. Questo per noi è fondamentale, lo è per i pazienti, per le complicanze, ma lo è anche per la gestione della loro cura perché la nostra regione, purtroppo, presenta spesso delle problematiche legate alla carenza di sangue. La questione aperta riguarda la necessità di inserire nel Pdta il farmaco nuovo, che potrebbe essere gestito dal territorio con il monitoraggio degli specialisti attraverso la telemedicina”.