I primi mesi del 2022 confermano un trend di disagio giovanile e reati minorili in crescita, a
metterlo nero su bianco è l’ultimo report del Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia. A evidenziarlo è Carolina Velati, Coordinatrice di Zona Franka. Crescono i minori denunciati o arrestati – evidenzia in una nota – crescono i reati di lesioni
personali, danneggiamento, minacce, rapina, resistenza e violenza a pubblico ufficiale”.
“Ma – prosegue ancora – non siamo una ‘generazione di sballati’ o frequentatori della ‘movida violenta’, come spesso provano a dipingere noi giovani nella discussione pubblica: inquadrare questo fenomeno fino in fondo significa non cedere alla sola logica securitaria e repressiva che rischia, piuttosto, di agire solo sugli effetti e non sulle cause di quanto fotografato dai report e dagli articoli di cronaca. In questi anni si è acuita la frammentazione sociale per la diminuita importanza dei luoghi tradizionali di educazione alla cooperazione (scuola, famiglie, spazi della formazione politica e civica). Durante la stessa pandemia abbiamo osservato lo sviluppo di questo fenomeno in maniera concentrata.
I luoghi sicuri – evidenzia la coordinatrice di Zona Franka – non sono quelli militarizzati da cima a fondo ma quelli in cui si sviluppa cultura della coesione e della partecipazione quale antidoto contro la sopraffazione e la violenza dilagante: un sistema di welfare-mix di ascolto, attivazione, prossimità ed inclusione della comunità fondato sulla rete dei servizi socio-educativi del territorio e sulle realtà sociali, civiche e culturali. È quindi indispensabile perseguire una politica di prevenzione diffusa, di crescita e promozione del tessuto sociale, rafforzando ruolo, vitalità e potenzialità delle organizzazioni collettive. Quando questo è stato fatto, anche a Bari, gli effetti sul breve, medio e lungo periodo si sono registrati.
La città di Bari non è immune da questo fenomeno. I recenti episodi di violenza di genere,
molestie o di aggressioni omolesbobitransfobica in luoghi del centro cittadino o comunque da poco inaugurati, come il Parco Rossani (ma non solo), ci fanno porre inevitabilmente degli interrogativi sul progetto di rigenerazione verso cui si vuole tendere e sulla distanza tra la città imbellettata per i turisti e la realtà di ciò che si muove nella vita reale. Un luogo esteticamente bello o nuovo non è, quindi, necessariamente un luogo sicuro e inclusivo. La
riqualificazione diventa effettiva rigenerazione urbana solo se votata all’inclusione sociale e
al coinvolgimento delle comunità che lo vivono in maniera costante e duratura nel tempo, cioè inserendo gli interventi di miglioramento materiale in una progettualità sociale che tenga dentro la funzione che si immagina per i luoghi: welfaristica, aggregativa, culturale o
produttiva.
Servirebbe ragionare su quale alternativa alla violenza viene offerta nei quartieri della città in termini di spazi, opportunità e risorse per i giovani. Contro la cultura della “legge del più
forte” serve attuare un vasto piano di reinserimento sociale ed economico nella rete produttiva, che impedisca la proliferazione anche della cultura criminale e della malavita organizzata che sfrutta i bisogni materiali, nonché un percorso policentrico di attivazione urbana, accessibile da tutte le realtà presenti nel territorio, che non si ponga l’obiettivo di confezionare una proposta di soli grandi eventi sporadici ma abbia il compito di includere tutte e tutti nello sviluppo sociale e culturale della città. Non è una sola questione di bandistica – spesso inaccessibile alle piccole realtà autofinanziate – ma di direzione ed accompagnamento politico-istituzionale. Serve – conclude – una vera e propria Strategia comune per la Città del presente e del futuro che veda coinvolti tutti gli attori in campo nella definizione di una strategia comune che non può che partire da tre elementi: socialità e inclusione, educazione e cittadinanza attiva, responsabilità dei luoghi.