La possibilità di una morte dolce e serena per malati terminali si può garantire anche con una legge regionale. E questo in aderenza alla sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019, poiché in quella decisione c’è il dovere del servizio sanitario pubblico di prestare l’assistenza e l’aiuto necessari per malati terminali o cronici alla condizione che siano capaci di assumere decisioni libere, consapevoli e abbiano espresso autonomamente e liberamente la volontà di accedere alle prestazioni e ai trattamenti, con le modalità e gli strumenti più consoni alle condizioni cliniche; siano affette da patologie irreversibili; siano tenute in vita con trattamenti di sostegno vitale; si trovino in condizione di sofferenze fisiche e psicologiche assolutamente intollerabili. Lo scopo della legge, infatti, consiste nell’assicurare un congedo dalla vita senza dover subire il medesimo destino solo aggravato da un processo più lento e doloroso per se e per le persone che gli sono care. Speriamo ora in un’approvazione rapida”.
Lo dichiara il presidente della Commissione regionale bilancio e programmazione Fabiano Amati, promotore e primo firmatario della proposta di legge regionale in materia di “Assistenza sanitaria per la morte serena e indolore di pazienti terminali”. La proposta di legge è stata anche sottoscritta dai consiglieri regionali Filippo Caracciolo, Francesco Paolicelli, Michele Mazzarano, Ruggiero Mennea, Paolo Campo, Enzo Di Gregorio, Donato Metallo.
“Chi legifera non può pensare a sé o alla sua opinione ma alla libertà che la sua legge realizza per gli altri. E ciò vale molto di più nelle materie In grado di Interpellare morale e coscienza, come il fine vita, e per tenersi lontani dalle tentazioni statolatriche o da stato etico. Detto ciò, quale premessa culturale per riaffermare il metodo della laicità negli stati liberal-democratici, la proposta di legge ha come fondamento giuridico, anche con riferimento a tutte le questioni d’attribuzione della competenza a legiferare in sede regionale, la sentenza della Corte costituzionale n. 242 dei 2019. Il tutto, ovviamente, nell’attesa di una norma statale in grado d’introdurre una normativa eventualmente innovativa.
Infatti, la sottrazione dall’alveo della penale responsabilità della condotta di aiuto al suicidio in presenza di determinate condizioni e fatto salvo il diritto di obiezione di coscienza, fa scaturire – anche in termini di rispetto della dignità della persona umana – li dovere delle strutture sanitarie e del personale sanitario di prestare tutta la più adeguata assistenza per conseguire uno scopo, la morte, fonte di minore afflizione e sofferenza rispetto ad ogni cura.
Così posta la questione e riaffermando la competenza concorrente delle Regioni in materia di tutela della salute, emerge dunque l’obbligo per le strutture sanitarie, la cui gestione avviene com’è noto a livello regionale, di fornire il livello di assistenza riveniente dall’applicazione di norme statali, così come derivate da un giudizio di costituzionalità con cui è stata ampliata la sfera di non punibilità di una condotta (art. 580 Codice penale) e perciò aggiungendo una nuova prestazione assistenziale a carico del servizio sanitario.
La sentenza additiva di prestazione della Corte costituzionale risulta peraltro bilanciata anche con riferimento all’articolo 81 della Costituzione, poiché la nuova prestazione è abbondantemente coperta dai Livelli essenziali di assistenza sia nella prospettiva delle cure comunque necessarie previste per i malati terminali e cronici, sia per la sua assimilabilità sotto il profilo meramente finanziario alle cure palliative”.