“L’uso del telefonino al di sotto di una certa età è sempre qualcosa di estremamente delicato. Sotto i tre anni diventa un vero problema – spiega a Borderline24 il dottor Porcelli – Non tanto se si fa un uso di dieci – quindici minuti, il tempo giusto per la pappa, ma se diventa una sorta di “babysitter”.
Porcelli negli ultimi anni ha visto aumentare il numero di piccoli pazienti del centro di Neuropsichiatria. “L’altro giorno – racconta – ho visitato l’ennesimo bambino nato a fine 2019 che non parla, che è particolarmente iperattivo, non guarda in viso, con il quale è difficile avere uno scambio. Nella storia di questo bambino ci sono ore di video su Youtube. Non esistono ancora studi definiti sulla materia, che diano certezze su quello che sto affermando, ma sicuramente ci sono delle evidenze che dovrebbero metterci in guardia. Se un bimbo ha un minimo di predisposizione, l’uso eccessivo di questi strumenti fa peggiorare la situazione”.
“Il cervello – continua Porcelli – si sviluppa in base all’esperienza, nel momento in cui l’esperienza prevalente al di sotto di una fascia di età delicata è lo smartphone si arriva a questi comportamenti: lo smartphone vincola allo sguardo basso, dà soddisfazioni immediate, il bimbo apprende subito ad usarlo, quindi non sviluppa in alcun modo la capacità di attesa, si modifica anche la percezione del tempo”.
Quanto ha influito la pandemia nell’incremento di alcuni sintomi? “C’è stato un aumento dopo la pandemia – continua Porcelli – tra i bambini piccoli, nati nel 2019 e nel 2020 che hanno vissuto a pieno il lockdown”. Porcelli invita quindi i genitori, i nonni, tutti coloro che si prendono cura dei piccoli a prestare attenzione a come si utilizza il tempo con loro.
“C’è una possibilità di tornare indietro, il cervello di un bambino di tre anni è un cervello molto plastico – continua – I genitori, i nonni, chi sta con loro, devono capire che lo smartphone non risolve i problemi. Il gioco è invece importante: è vero che ormai le città sono organizzate in funzione di parcheggi, che ci sono pochi spazi per loro. Ma bisogna portarli fuori o anche in casa stimolarli al gioco, alle costruzioni, alla lettura, alle bolle di sapone, a tutte quelle attività che comportano scambi umani”.
“La realtà è che non siamo più abituati a giocare con i bambini – conclude – e li lasciamo con tablet e telefonini e queste strumentazioni non fanno che acuire alcune problematiche. Dobbiamo concentrarci di più sui giochi, sul tempo da trascorrere con i piccoli, insieme a loro, con attività di scambio umano, quello scambio umano che non avviene se trascorrono ore con queste strumentazioni elettroniche”.