“Una scena che spero nella mia vita non vedere mai più, sembrava l’apocalisse”. È il racconto di Francesco Romano, 37enne di Trapani, intervenuto nel corso dell’udienza del processo sul naufragio del traghetto Norman Atlantic, nel corso del quale, nella notte tra il 27 e il 28 dicembre 2014, a largo delle coste greche, morirono 31 persone e ne rimasero ferite 64.
Un racconto drammatico con il quale Romano, uno dei 24 imputati nel corso del processo, ripercorre i momenti di quella notte, raccontando scene di persone arrampicate “su qualsiasi cosa” pur di scampare alle fiamme. Tra gli altri imputati, oltre a Romano, ci sono anche l’armatore proprietario della nave Carlo Visentini della società Visemar, i due legali rappresentanti della società greca Anek Lines noleggiatrice del traghetto, il comandante Argilio Giacomazzi e altri 19 membri dell’equipaggio. A loro sono contestati, a vario titolo, i reati di cooperazione colposa in naufragio, omicidio colposo e lesioni colpose plurime oltre a numerose violazioni in termini di sicurezza.
Nel corso del processo, che si celebra nell’aula bunker di Bitonto, Romano sulla nave in qualità di secondo ufficiale e capo lancia, ha risposto alle domande dell’avvocato difensore, Cesare Fumagalli, e della Procura. Fu Romano, secondo quanto emerso, ad ammainare la lancia di salvataggio che nel corso del rogo fu calata in mare con a bordo 80 passeggeri, rispetto ai 150 che poteva invece contenere, senza, inoltre, aver avuto l’ordine di abbandonare la nave.
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