Con l’intelligenza artificiale è possibile diagnosticare precocemente il morbo di Parkinson tramite campioni di sangue. E’ quanto emerso da uno studio (pubblicato su Genes) effettuato dai ricercatori dell’Università di Bari al fianco dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e della Pia Fondazione Panico di Tricase (Lecce).
Secondo lo studio, frutto della collaborazione interdisciplinare tra i gruppi di ricerca del Centro Malattie Neurodegenerative, del Dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Biofarmaceutica, quello specializzato nello sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale del Dipartimento di Fisica con la sezione di Bari Infn, è possibile pertanto effettuare una diagnosi tempestiva del Parkinson che permetterebbe interventi efficaci per rallentare lo sviluppo della mlattia.
Oggi, la diagnosi del Parkinson, si ottiene con certezza solo post mortem, mentre nelle prime fasi della malattia le indicazioni cliniche sono basate soprattutto sui sintomi del paziente. Lo studio, che si è basato su dati provenienti da esperimenti di sequenziamento dell’Rna umano effettuati dal consorzio Ppmi, fondato dalla Michael J.Fox Foundation, ha portato allo sviluppo di un algoritmo che permette di distinguere con grande precisione tra soggetti sani e soggetti malati.
Nello specifico, i campioni di sangue raccolti, sono stati sottoposti a sequenziamento di seconda generazione, poi sono stati codificati ed elaborati da un algoritmo di intelligenza artificiale sviluppato ad hoc. Quest’ultimo ha permesso di decodificare il segnale individuando un insieme di geni che potrebbero spiegare i meccanismi che sono alla base dello sviluppo del Parkinson.
“Il nostro studio – hanno spiegato i ricercatori baresi – potrebbe essere un importante passo in avanti per chiarire le dinamiche fisiologiche alla base del Parkinson. Inoltre potrebbe aiutare a ottenere sia una diagnosi precoce della malattia, aumentando le possibilità di intervento clinico sui pazienti nelle prime fasi, sia all’individuazione di meccanismi biologici complessi favorendo la scoperta di nuovi farmaci” – hanno concluso.
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