Uno studio del gruppo di ricerca diretto dalla professoressa Daniela Virgintino, ordinario di Istologia ed Embriologia del Dipartimento di Scienze Mediche di Base, Neuroscienze e Organi di Senso dell’Università di Bari, ha individuato la causa della inefficacia di alcune terapie mirate a curare alcune patologie del sistema nervoso centrale.
La ricerca si è occupata di caratterizzare la barriera ematoencefalica, una delicatissima e complessa struttura che ha sede a livello dei piccoli vasi sanguigni (diametro 10 micrometri: 1 milionesimo di metro) che formano una fitta rete nel sistema nervoso centrale. Tale barriera ha la funzione di regolare il passaggio di sostanze presenti nel sistema vascolare verso il tessuto nervoso.
‘La barriera svolge una funzione di protezione del tessuto nervoso, in particolare dei neuroni, dagli attacchi di sostanze che potrebbero danneggiarlo e compromettere la funzionalità’, spiega Mariella Errede, ricercatrice Uniba che studia la barriera encefalica umana durante lo sviluppo prenatale e in condizioni patologiche. “E’ ormai noto che questo dispositivo biologico altamente sofisticato è presente sin dal primo trimestre di vita intrauterina e svolge un importante ruolo di protezione durante la formazione e differenziazione delle cellule nervose”.
Se da una parte, la barriera è permeabile a sostanze dannose per l’organismo, come l’alcool o gli stupefacenti, dall’altra, molti farmaci con un elevato peso molecolare, non riescono ad attraversarla inficiando la possibilità di un trattamento terapeutico di numerose patologie tumorali del sistema nervoso centrale. È il caso del glioblastoma, malattia incurabile (nel 98percento dei casi con una aspettativa di vita inferiore a 12 mesi) perché la barriera ostacola la diffusione in circolo dei farmaci. ‘La natura è capace – ahimè – anche di tali mostruosità che puntualmente e quotidianamente osserviamo nel corso dei nostri studi’.
Anche in diverse patologie infiammatorie e neurodegenerative (malattia di Alzheimer, morbo di Parkinson, sclerosi multipla, malattie rare ancora in fase di studio, …) o di altre morbilità (autismo, schizofrenia, …) la barriera ematoencefalica perde la sua caratteristica selettività e diventa permeabile presentando varchi nella parete dei piccoli vasi sanguiferi, i quali favoriscono il passaggio di sostanze potenzialmente dannose al sistema nervoso. Le alterazioni riguardano le cellule endoteliali, periciti, astrociti, o – in alcuni casi – le molecole che formano la membrana che avvolge le cellule e che nell’insieme formano l’unità neurovascolare.
Gli studi dell’Istituto di Anatomia e Istologia dell’Università di Bari che hanno portato a tale determinazione sono incominciati molti decenni fa, “erano ricerche talmente di nicchia che sembravano quasi da extraterrestri – spiega la dottoressa Errede -. Ancora oggi in Italia sono ricerche condotte da piccolissimi gruppi di ricercatori che provano a dare risposte al mondo scientifico per meglio affrontare la gestione terapeutica di malattie così delicate”
Questi temi saranno approfonditi durante un congresso internazionale in programma il prossimo mese di settembre a Bari dove si riunirà il gotha scientifico mondiale che studia la barriera ematoencefalica.