Circa una persona Lgbt+ su cinque, occupata o ex-occupata in Italia, ha vissuto in un clima ostile o un’aggressione nel proprio ambiente di lavoro, soprattutto le donne.
E’ quanto emerge da una indagine Istat e UNAR sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ rivolta alle persone in unione civile o che si sono unite civilmente in passato nel 2020-2021 .
Il fenomeno è più diffuso tra i dipendenti o ex-dipendenti e riguarda più spesso l’essere stati calunniati, derisi o aver subito scherzi pesanti (46,5% di quanti hanno segnalato di aver sperimentato almeno un evento di clima ostile o aggressione), l’essere stati umiliati o presi a parolacce (43,9%). L’episodio maggiormente segnalato dagli indipendenti (o ex-indipendenti) è invece l’aver ricevuto offese, incluse quelle di tipo sessuale (45,6%). A prescindere dal tipo di occupazione, sono le donne a subire tali offese più di frequente (43,8% contro 30,3% degli uomini) mentre tra gli uomini è molto superiore la quota di quanti sono stati calunniati, derisi o che hanno subito scherzi pesanti. Inoltre il 23,1% delle persone omosessuali o bisessuali (in unione civile o già in unione) dichiara, con riferimento all’ultimo lavoro svolto, di essere stato minacciato in forma verbale o scritta, e il 5,3% di aver subito un’aggressione fisica, con incidenze più alte tra gli uomini. Più della metà dei rispondenti ha subito più episodi tra quelli rilevati.
Secondo lo studio sono oltre 20 mila, pari al 95,2% del totale, le persone in unione civile o già in unione che vivono in Italia e dichiarano un orientamento omosessuale o bisessuale. Tra quanti dichiarano un orientamento omosessuale o bisessuale e sono occupate o ex-occupate, il 26% dichiara che il proprio orientamento ha rappresentato uno svantaggio nel corso della propria vita lavorativa in almeno uno dei tre ambiti considerati (carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento, reddito e retribuzione).
Tuttavia, il 40,3% riferisce, in relazione all’attuale (per gli occupati) o ultimo lavoro svolto (per gli ex-occupati), di aver evitato di parlare della vita privata per tenere nascosto il proprio orientamento sessuale (41,5% tra le donne, 39,7% tra gli uomini). Una persona su cinque afferma di aver evitato di frequentare persone dell’ambiente lavorativo nel tempo libero per non rischiare di rivelare il proprio orientamento sessuale.
Passando ad altri ambiti di vita il 38,2% delle persone in unione civile o già in unione che si sono definiti omosessuali o bisessuali e che vivono abitualmente in Italia, dichiara di aver subito, per motivi legati al proprio orientamento sessuale, almeno un episodio di discriminazione in altri contesti di vita (ricerca casa, rapporti di vicinato, fruizione servizi socio-sanitari, uffici pubblici uffici pubblici, mezzi di trasporto negozi o altri locali).
Oltre il 68,2% ha dichiarato che è capitato di evitare di tenere per mano in pubblico un partner dello stesso sesso per paura di essere aggredito, minacciato o molestato. Il 52,7% di esprimere il proprio orientamento sessuale per paura di essere aggredito, minacciato o molestato.