I pazienti ricoverati con Covid-19 sono soggetti a diversi gradi di disturbi da stress, a depressione e paura. Lo studio del Policlinico di Bari, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Scientific Report”, ha dimostrato che un intervento di musicoterapia, svolto in presenza, produce effetti immediati su questi disturbi riducendo l’ansia e migliorando i livelli di saturazione.
Il primo firmatario è Filippo Giordano che ha condotto la prima esperienza documentata in letteratura di musicoterapia all’interno dei reparti Covid nella struttura per le maxi emergenze in Fiera del Levante. Tra gli altri autori dello studio ci sono i professori Brienza, responsabile della rianimazione, Loreto Gesualdo, direttore di nefrologia, Elisiana Carpagnano, direttrice della pneumologia e Antonio Moschetta per la medicina interna.
Lo studio randomizzato controllato ha interessato 40 pazienti. I partecipanti sono stati assegnati al gruppo di controllo o al gruppo di trattamento. Questi ultimi hanno ricevuto una singola seduta individuale di musicoterapia recettiva in presenza. Tutti i gruppi sono stati sottoposti a identiche misurazioni (pre‑durante‑post) dei parametri su ansia, frequenza cardiaca, saturazione di ossigeno. Inoltre ai partecipanti del gruppo sperimentale è stato chiesto di compilare una domanda aperta facoltativa sulla loro esperienza con la musicoterapia.
È stata osservata una differenza significativa nei livelli di ansia tra i punteggi e nel gruppo di controllo valori statisticamente significativamente più elevati di ossigenazione. I risultati hanno dimostrato la fattibilità dell’introduzione della musicoterapia come intervento complementare/non farmacologico di supporto in ospedale nei pazienti affetti da Covid-19.
“La pubblicazione è stata il frutto di un grande lavoro di squadra che ha coinvolto gli autori, che ringrazio – spiega Filippo Giordano – e con i quali sono davvero molto onorato di condividere lo studio. L’ascolto guidato in musicoterapia ha offerto la possibilità ai pazienti di evadere, immaginare, riflettere e in qualche caso di ritrovare se stessi. La barriera fisica dovuta alla tuta e ai dispositivi di protezione individuale e un ambiente piuttosto carico di rumori e suoni, hanno rappresentato un limite ed un ostacolo per un intervento come la musicoterapia che si basa sull’ascolto dell’altro, sul non verbale, su tutto ciò che può essere detto senza l’uso della parola. Ma in fin dei conti questo è stato il problema con il quale tutti gli operatori sanitari hanno dovuto confrontarsi negli ultimi 2 anni, ancor più le persone ricoverate nelle corsie degli ospedali. Questa condivisione del disagio ha reso l’esperienza ancora più autentica”, aggiunge il musicoterapista.
“Da qualche anno al Policlinico, sempre all’interno di equipe multidisciplinari in oncologia pediatrica, in odontoiatria e a breve anche in Nefrologia, cerchiamo di studiare e descrivere, attraverso un approccio olistico al paziente inteso come persona, gli effetti e le possibilità cliniche di utilizzo della musica e della musicoterapia come terapia complementare non farmacologica, in modo che questa disciplina possa trovare sempre più spazio e credibilità nell’ambito della medicina, e soprattutto possa produrre benefici su chi ne usufruisce”, conclude Giordano.