Tre anni di pandemia. Tre anni in cui le scuole hanno dovuto chiudere, adattarsi, per poi provare a dare il meglio per salvare la presenza. L’ultimo report diffuso dal ministero dell’Istruzione dice che sono stati 5.208.193 gli alunni presenti in classe tra il 28 febbraio e il 5 marzo, pari al 97,5%; a fine gennaio erano l’80%. «La presenza quest’anno è stata assicurata questo non si può negare – sostiene Antonello Giannelli, presidente di Anp, l’Associazione nazionale presidi – la situazione del contagio un anno fa era diversa e quest’anno disponiamo del vaccino. È vero che rimangono le criticità di sempre, dovute a responsabilità che non possono essere certamente attribuite ad un unico governo: quando si parla di abbandono dell’edilizia scolastica o della sua trascuratezza, si parla di problemi che ci trasciniamo da 20-30 anni, così come la disponibilità del personale e la mancata capacità di assunzione nel tempo».
Giannelli evidenzia che quando, ormai venti anni fa, si è passati all’autonomia scolastica, le scuole si sono trovate ad avere molti più compiti con minor personale. Il Covid ha fatto sì che si destinassero più fondi alla scuola «ma sono disponibilità contingenti, che non cambiano l’assetto generale: l’organico Covid è necessario per fare le operazioni normali, il personale di segreteria e i bidelli sono pochi e spesso non sono compatenti a far quello che dovrebbero fare». Intanto i ragazzi delle scuole medie, superiori e delle università tornano in piazza per evidenziare che i disturbi alimentari e la salute psichica sono ancora troppo sottovalutati. «La nostra generazione vuole che la politica ci chieda come stiamo e ascolti le nostre proposte», dicono, annunciando una iniziativa a Roma e in tutta Italia per il prossimo 15 marzo.
Le scuole sono invece già in campo per l’accoglienza dei minori ucraini, le risorse messe in campo dal governo, pari ad 1 milione, verranno distribuite in base ad un monitoraggio sul fabbisogno effettivo. «Quando si tratta di la disponibilità, accoglienza e umanità gli istituti sono in prima linea», dice Giannelli. Già numerose scuole, soprattutto a nord est, hanno accolto minori ucraini e fanno ricorso ai mediatori linguistici e culturali; inoltre quasi tutti gli istituti dispongono dello psicologo, eredità del Covid, figura assai utile per questi giovanissimi e le loro famiglie. Le istituzioni scolastiche potranno fare riferimento anche alle esperienze di peer education e peer tutoring e all’utilizzo sperimentato di materiale didattico bilingue o nella lingua madre. L’accoglienza – come ha previsto il ministero – non sarà limitata soltanto all’orario scolastico ma anche extra scolastico.