Dopo dieci giorni di guerra, il primo segnale di distensione in Ucraina stenta oggi a diventare realtà. Mosca, infatti, ha annunciato una tregua di 5 ore (dalle 9.00 alle 14.00 GMT, le 10.00 e le 15.00 in Italia) per aprire corridoi umanitari e permettere l’evacuazione dei civili da Mariupol e Volnovakha, due località sotto assedio e sottoposte a intensi bombardamenti, ma di fatto finora l’iniziativa non è mai partita.
Le autorità di Mariupol – città strategica nel sud del Paese, la cui conquista permetterebbe ai russi di creare un corridoio fra la Crimea e i territori separatisti in Ucraina – hanno informato che l’evacuazione dei civili è stata rinviata, a causa di multiple violazioni della tregua da parte delle forze russe, che continuano a bombardare la città e i dintorni, sul percorso previsto per il corridoio umanitario.
Ancora più preoccupante la situazione a Volnovakha, dove non si hanno notizie di possibili evacuazioni e un deputato locale denuncia che il 90% della città è stato danneggiato dai bombardamenti, «i cadaveri giacciono non raccolti e le persone che si nascondono nei rifugi stanno finendo il cibo». Grande preoccupazione per il rischio di bombardamenti sulle centrali nucleari. L’ambasciatore Usa alle Nazioni Unite lancia l’allarme: le forze russe sarebbero a 32 chilometri dal secondo impianto nucleare più grande dell’Ucraina. Secondo Energoatom, si tratterebbe della centrale di Yuzhnoukrainsk.
Secondo il Kyiv Independent, la centrale nucleare di Zaporizhia all’alba sarebbe però tornata sotto il controllo ucraino. Le forze armate di Putin intanto hanno rafforzato l’assedio sui grandi centri, inclusa la capitale. E sono riusciti ad avanzare a sud, area nevralgica delle operazioni sulla linea del Donbass e della Crimea. La Nato però ha ribadito che la no fly zone non ci sarà, perché, come spiega Di Maio, «non possiamo rischiare la guerra mondiale». Una posizione che secondo Zelensky equivale a dare l’ok ai bombardamenti.