Per almeno sei mesi, le varianti, non riescono a bucare la protezione offerta dai linfociti T sviluppati dopo la vaccinazione. E’ quanto emerso da uno studio condotto dai ricercatori del La Jolla Institute for Immunology in collaborazione con l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova e l’Università di Genova.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell, ha confermato in particolare che le cellule T riconoscono tutte le diverse varianti emerse negli ultimi due anni, compresa l’ultima, quella Omicron. Le cellule T sono pertanto capaci di dare una risposta immunitaria ad almeno 6 mesi di distanza dalla vaccinazione. Entrando più nel dettaglio, analizzando le cellule T di persone vaccinate con quattro vaccini differenti (Pfizer-BioNTech, Moderna, Johnson & Johnson/Janssen e Novavax) i ricercatori hanno osservato che la reattività delle cellule T a sei mesi è in media dell’87-90% rispetto a quella iniziale post-vaccinale e scende all’84-85% contro Omicron, indipendentemente dal vaccino ricevuto.
“L’immunità indotta dalle cellule T – ha spiegato Gilberto Filaci, direttore dell’Unità di Bioterapie dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, tra gli autori dello studio – è perciò duratura e significativa contro tutte le varianti note e non viene ‘bucata’ neppure da Omicron. Visti i risultati dei test a 6 mesi dal vaccino, è molto probabile che le cellule T dei vaccinati diano luogo a una protezione immunitaria di lunga o lunghissima durata nei confronti della malattia grave, la dose booster resta tuttavia molto importante per minimizzare ulteriormente il pur lievissimo calo della risposta delle cellule T osservato dopo sei mesi dalla vaccinazione. È infine plausibile che il vaccino possa ‘frenare’ anche le future varianti” – ha concluso.