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Bari, c’erano i sacchi per le salme e le lacrime dietro le visiere: “Oggi però il Covid non fa più paura”

Pubblicato da: Rosanna Volpe | Mer, 16 Febbraio 2022 - 07:30

Doveva essere un periodo di festa per la Cina e per il popolo cinese. Con l’arrivo del Capodanno le piazze si tingono di mille colori. Profumi di piatti prelibati riempiono l’aria. E’ febbraio del 2020 e Wuhan, nella provincia di Hubei, è invece una città fantasma. E’ stata messa in quarantena: ci sono paura e silenzio. L’epidemia di un nuovo coronavirus, che negli ultimi mesi ha gettato il mondo nel panico, è partita proprio da una di quelle strade, da uno di quei mercati. E da lì, da quelle strade, è cominciato l’inferno. Un inferno che a marzo 2020 ha costretto anche il Governo italiano a fermare il paese.

L’orrore di Bergamo e lentamente di tutta la Lombardia, tiene anche la Puglia con il fiato corto. Qui, l’emergenza vera, arriverà un anno dopo con gli ospedali al collasso. Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano inaugura l’ospedale covid nella Fiera del Levante. I medici, anestesisti e pneumologi in particolare, vengono arruolati nell’ospedale dell’emergenza e comincia il vero inferno pugliese.

“Quando i primi di Febbraio del 2020 si è iniziato a parlare del Covid in Italia ero molto tranquilla – racconta Maria Teresa Andriola, anestesista del Policlinico di Bari – non credevo assolutamente che ci si sarebbe trovati ad affrontare una pandemia né di essere a breve coinvolta personalmente. Lo avevo molto sottovalutato. Ho pensato: ‘E’  l’ennesima malattia virale: troveranno la dritta anche per questa!’.

Poi però il Covid è arrivato anche qui… 

Sì, il Covid è arrivato qui. Già a fine Febbraio, però, ho iniziato a viverlo più da vicino e a capire che ‘era una cosa seria’ avendo colleghi rianimatori che lavorano a Milano e a Bergamo. È come quando ti copri il viso perché sai che a momenti ti arriverà uno schiaffo: ascoltare le loro esperienze era devastante e avvilente, ma mi ha preparato psicologicamente ad affrontare la “guerra”. È arrivato prepotentemente a “bloccare” la vita delle nostre famiglie e a “stravolgere” quella di chi è del mestiere.

Ed è toccato anche a lei…

Sono stata reclutata il 10 Marzo del 2020 per le Rianimazione COVID del Policlinico e dalla mia quotidianità di Anestesista nella SO dell’ Ortopedia sono passata ad essere Rianimatrice-Covid. All’ inizio non ho accettato a cuor leggero la “chiamata”. L’ho vissuta come un atto punitivo. Poi ho compreso che la RiaCovid non è per tutti: ho comunque alle spalle esperienza, avendo lavorato 6 anni in Rianimazione appena assunta al Policlinico.
Inoltre ,credo, di essere predisposta caratterialmente a mantenere calma e freddezza nell’affrontare questo lavoro. Ed è quello che serve nella RiaCovid: calma, forza e distacco emotivo.

Come sono state le giornate nell’area Covid?

Noi qui abbiamo vissuto un “Inferno” filtrato dall’ esperienza terrificante dei colleghi del Nord. Siamo partiti con una notevole consapevolezza di ciò che andavamo ad affrontare grazie alla loro esperienza. La ” vestizione” con i DPI così come la ” svestizione”: erano già state collaudate dai colleghi e noi abbiamo vissuto della loro esperienza e abbiamo fatto tesoro dei loro innumerevoli errori ( tra i quali il contagiarsi durante la ” svestizione”).
Abbiamo vissuto terrore, inadeguatezza, stanchezza, sgomento, impotenza ma tutti questi sentimenti negativi ci hanno dato la forza di essere molto uniti e compatti nell’ affrontare un nemico ” invisibile” e del tutto sconosciuto.

Cosa non dimenticherà mai?

Non dimenticherò mai TUTTI i pazienti che abbiamo perso. Li ricordo uno ad uno sia al Policlinico che in Fiera…la nostra impotenza davanti all’inevitabilità degli eventi, alla morte. La comunicazione per telefono alle famiglie, i sacchi grigi per le salme, le nostre lacrime dietro le visiere. Non dimenticherò mai i nostri sguardi che spesso si incrociavano. Eravamo solo occhi: i nostri occhi comunicavano mille parole in un silenzio assordante, surreale, contornato da allarmi di ventilatori e bip-bip di monitor. Con i DPI senti tutto ovattato, sembra di stare sott’ acqua, la testa scoppia perché le visiere le stringevamo al massimo per paura di contagiarci. Avevamo molta paura, non potevamo soffiarci il naso, asciugare le lacrime, accarezzare con le mani nude: terribile non potersi abbracciare dopo un turno.

Il momento più bello?

Il momento più bello? Quando un paziente mi ha detto: “Dottoressa ha degli occhi bellissimi. Vedo nei suoi occhi la Vita”. Alcuni di loro quest’anno mi hanno inviato gli auguri di Natale: è stato molto bello.

Nel frattempo la famiglia a casa…

Ero terrorizzata per le mie figlie. Nel 2020 sono rimasta sola con loro perché mi sono separata, ma loro sono state la mia forza e la mia speranza per il futuro.

Oggi il Covid non fa più paura

Si, oggi il Covid non fa più paura. Io personalmente ne esco molto arricchita con un’unica certezza: faccio il lavoro più bello del mondo.

 

 

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