Sono 91 i centri che operano in Italia per curare i disturbi alimentari nelle strutture sanitarie pubbliche. Oltre la metà sono al Nord ed assistono soprattutto ragazze (sono il 90% dei pazienti), le più colpite in assoluto prima di tutto da anoressia, poi da bulimia e binge drinking.
Il 59% degli utenti hanno tra i 13 e 25 anni di età, ma ci sono anche bambini con meno di 12 anni (sono il 6%). Arriva la prima mappatura dei centri del SSN realizzata dall’ISS: una piattaforma online, interattiva e aggiornabile in tempo reale, dove sono censiti tutti i centri dedicati alla cura dei disturbi del comportamento alimentare, che durante la pandemia hanno avuto una recrudescenza assieme a molti altri disturbi mentali.
Il risultato è stato raggiunto attraverso il progetto MA.NU.AL che il ministero della Salute, nell’ambito delle Azioni Centrali del CCM, ha affidato al Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità. Dal 2022 il censimento coinvolgerà anche le strutture private accreditate.
Al 31 dicembre 2021 la mappatura conta 91 strutture su tutto il territorio nazionale: 48 centri al Nord (di cui 16 in Emilia Romagna), 14 al Centro Italia e 29 tra Sud e Isole. Sono 963 i professionisti che lavorano nei centri, tutti formati e aggiornati: soprattutto psicologi (24%), psichiatri o neuropsichiatri infantili (17%), infermieri (14%) e dietisti (11%). Sono inoltre presenti gli educatori professionali (8%), i medici di area internistica e pediatri (5%), i medici specialisti in nutrizione clinica e scienza dell’alimentazione (5%), i tecnici della riabilitazione psichiatrica (3%), gli assistenti sociali (2%) ed infine i fisioterapisti (1%) e gli operatori della riabilitazione motoria (1%).
Risultano in carico al 65% dei Centri censiti oltre 8000 utenti. Poco meno di tremila sono in carico da più di 5 anni e soltanto nell’ultimo anno di riferimento (2020) hanno effettuato una prima visita circa 4700 pazienti. Rispetto alle più frequenti diagnosi l’anoressia nervosa è rappresentata nel 42,3% dei casi, la bulimia nervosa nel 18,2% e il disturbo di binge eating nel 14,6%. I percorsi prevedono interventi psicoterapeutici (100%), psicoeducativi (99%), nutrizionali (99%), farmacoterapico (99%), di monitoraggio della condizione psichico-fisico-nutrizionale (99%) e di abilitazione o riabilitazione fisica e sociale (62%). Gli interventi psicoterapeutici comprendono approcci individuali (98%), familiari (78%) e di gruppo (66%). Le prestazioni vengono generalmente erogate con ticket sanitario (78%) ma possono essere fornite anche gratuitamente (29%) o essere erogate in regime di intramoenia (9%). Quasi tutti i Servizi censiti rilevano l’esordio della patologia (98%), il tempo trascorso tra l’esordio e la presa in carico del paziente (97%) ed eventuali trattamenti pregressi (98%).
I Centri censiti propongono percorsi terapeutici soprattutto di tipo specialistico (92%) ma anche intensivi ambulatoriali o semiresidenziali (62%), mentre la riabilitazione intensiva residenziale è offerta nel 17% delle strutture. “Il progetto – dice Roberta Pacifici responsabile del Centro Nazionale Dipendenze e doping dell’ISS – nasce con lo scopo di offrire una mappa delle risorse presenti sul territorio e della loro offerta assistenziale, per facilitarne conoscenza ed accesso. L’emergenza pandemica, inoltre, ha avuto effetti pesanti sulle persone che soffrono di tali disturbi amplificando la problematica. Consapevoli degli ulteriori disagi che tale emergenza sanitaria ha causato ai pazienti e ai loro familiari, il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità hanno ritenuto fondamentale la disponibilità di un primo riferimento”.