I primi 9 mesi del 2021 hanno registrato un saldo positivo di circa 85 mila unità di lavoro, ma ci sono criticità relative al gap di genere e al livello dei salari. E’ quanto emerso nel corso dell’analisi del report “Lavoro a Bari, le sfide da cogliere”, curato da Francesco Prota, docente di Economia Uniba.
Secondo quanto emerso dall’analisi, presentata dalla Cgil Bari, tra attivazioni e cessazioni di contratti di lavoro si è registrato un saldo positivo migliore rispetto ai due anni precedenti, nonostante si tratti prevalentemente di contratti a termine. Restano però alcune lacune, soprattutto relative a salario che nel Barese (e in generale in Puglia) è più basso della media nazionale.
“Lo studio – ha spiegato Prota – dimostra come la retribuzione in Puglia e in provincia di Bari sia più bassa di quella nazionale e questo gap è particolarmente forte per i profili più qualificati. E poi bisogna recuperare il gap di genere: troppe poche donne lavorano. Il tasso di attività femminile in provincia di Bari è al 45%, la media italiana, pur bassa rispetto agli standard europei, è intorno al 55%” – ha sottolineato specificando che il 2021 è stato migliore del 2020 e del 2019.
“C’è stata una ripresa nei primi 9 mesi dell’anno – ha aggiunto la segretaria generale Cgil Bari, Gigia Bucci – ma nonostante questo si registrano prevalentemente contratti di lavoro a termine, quindi questo significa che aumenta il lavoro ma quello precario. Questo non ci tranquillizza” – ha specificato ricordando le crisi industriali aperte sul territorio. In totale, sono 69 le vertenze presenti al Mise e circa 33 mila i posti che si rischiano, con Bosch che proprio oggi dichiara 620 esuberi.
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