I marò hanno agito nel rispetto delle regole di ingaggio e convinti di essere sotto attacco dai pirati. E’ quanto sostengono i magistrati di Roma che hanno chiesto l’archiviazione per i due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
In particolare, la decisione dei pm non contrasta con il risarcimento alle vittime disposto dall’arbitrato dell’Aja, questo perché il tribunale olandese aveva attribuito la giurisdizione penale sulla vicenda a Roma. Stando al punto di vista strettamente penale i magistrati di piazzale Clodio hanno riscontrato un a serie di limiti procedurali e insormontabili poiché non ripetibili dagli accertamenti svolti all’epoca dei fatti, avvenuti in India.
Tra questi le autopsie sui tre pescatori morti, i cui corpi sono stati cremati o gli esami balistici svolti con regole diverse da quelle italiane. Per i magistrati si tratta di un gap probatorio importante per la ricostruzone dei fatti. Lo stesso vale per quanto riguarda l’assunzione di tesimonianze e carte che non sarebbero sufficienti ad attribuire in modo univoco il fatto ai due indagati.
Nel motivare la richiesta di archiviazione, al vaglio dei gip, i pm sostegnono dunque che i due marò hanno rispettato le regole di ingattio. Sostanzialmente, i due, quando hanno visto la barca avvicinari a circa 90 metri dalla nave Enrica Lexie hanno prima mostrato le armi e poi sparato in acqua. I due, Latorre e Girone, hanno pensato di essere sotto attacco dai pirati, così come confermato dal personale indiano a bordo della nave. Anche questi ultimi sono stati sentiti dagli inquirenti italiani.
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