Il racconto shock di una mamma di Casamassima che ha portato il figlio di 45 giorni all’ospedaletto Giovanni XXIII, affetto da bronchiolite. La donna racconta ora dopo ora cosa è successo la notte tra martedì 23 novembre e mercoledì 24 novembre, con il figlioletto che è andato in difficoltà respiratoria. Il racconto è stato pubblicato sul gruppo Facebook “Amo Casamassima”.
“Scrivo queste righe per indignarmi a nome di (Tutte) le mamme che devono sentirsi umiliate, trascurate, sole. Mi riferisco all’area grigia dell’ ospedale Giovanni XXIII di Bari, meglio conosciuto come Ospedaletto – si legge nel racconto – Ho sempre pensato che chi lavora in ospedale, lo fa con dedizione e passione, immagino, non è per niente facile, ma d’altronde ognuno sceglie quello che vuole fare nella propria vita. Invece ti capita di entrarci in ospedale e forse, pensi che la dedizione e la passione sono le ultime cose presenti”.
“Sono entrata in pronto soccorso martedì 23 Novembre 2021 alle ore 12:00 con mio figlio di 45 giorni che respirava faticosamente – racconta – Tutti gentili, premurosi e anche simpatici qui. Visitano subito il piccolo, anche per più volte. Mi dicono subito cosa fare, dobbiamo ricoverarci. Prima del ricovero ovviamente, dovremo sottoporci al tampone per il covid-19, ma siccome i tempi di attesa per il risultato sono molto lunghi, il medico chiede di eseguire il tampone rapido per velocizzare I tempi poiché le condizioni di mio figlio non erano proprio stabili. Bene. Dopo le prime cure, ci spostano nella fantastica area grigia, (ore 17:00) dove permarremo finché arriverà il risultato del tampone”.
“Infermieri presenti fisicamente, ma in realtà non esistevano. Ci assegnano la stanza e pregano me mamma, di non uscire e tenere la porta chiusa fino a che arriverà il famoso risultato del tampone. Fin qui tutto accettabile. Mio figlio ha il saturimetro e respira male, la saturazione scende e l’apparecchio inizia a suonare – continua ancora – Chiamo l’infermiera che arriva dopo molto tempo e chiedo se per favore mi spegne l’allarme e se dovevo chiamarla se suonava nuovamente. Mi dice che dovevo spegnere io l’allarme nel caso suonasse di nuovo. Ok. Suona di nuovo e spengo e così per tutto il pomeriggio, la sera, la notte e mattina seguente. Arrivo al sodo. Alle 00:30 mio figlio inizia a lamentarsi e dimenarsi. Mantengo la calma e cerco di farlo calmare, senza riuscirci. Inizia a rifiutare il seno (molto strano) e continua a piangere e dimenarsi. Non capisco cosa possa essere. Chiamo l’infermiera e chiedo se posso fare qualcosa, pensavo di ricevere un conforto e un consiglio in base alle loro esperienze visto che ci lavorano e ogni giorno vedono più o meno gli stessi casi”.
“Risposta: Signora il bambino sta bene. Satura bene. Questo ci interessa. ( Saturazione 97) Chiedo se sa qualcosa in merito al risultato del tampone, visto che dal pronto soccorso chiedevano di velocizzare I tempi. Mi risponde che non esistono tamponi rapidi e che devo aspettare. Dopo un’ora, mio figlio non ha smesso di piangere – racconta la mamma – Noto che fa sempre più fatica a respirare e fa dei movimenti strani con la testa, come se volesse tenerla alzata. Lo prendo in braccio e cerco di calmarlo, ma nuovamente non riesco. Sono spaventata e non so cosa fare. Non voglio disturbare gli infermieri che precedentemente sono stati poco carini, penso di non chiamarli e aspettare. Ore 3:30 il piccolo non ha mai smesso di strillare, il suo affanno si fa sempre più forte, il mio panico anche. Decido di chiamarli nuovamente e chiedere aiuto. Suono la campanella ma non arriva nessuno. Passano forse 5 minuti e arrivano due infermieri un uomo e una donna, Con le lacrime agli occhi chiedo aiuto, chiedo se sanno dirmi cosa fare perché dalle 00:30 alle 3:30 non ha mai smesso di strillare e io non ho capito il motivo. Il signore mi chiede se voglio fare dei lavaggi nasali con fisiologica. Dico che non so cosa fare e sto chiedendo apposta a loro che sono di competenza, ho anche notato che la saturazione non è più stabile su 97 ma è scesa a 89/90. Glielo faccio presente. Risponde che il bambino sta piangendo e si muove spesso, per questo i valori della saturazione non sono affidabili. Mi fido e ringrazio. Intanto mio figlio non migliora, anzi. Gli faccio un video e me lo riguardo, forse l’ansia mi fa vedere male, invece no. Ha sempre più difficoltà a respirare, piange”.
“Alle 5 si addormenta. Alle 6.30 si sveglia nuovamente e gli propongo il seno, lo rifiuta e torna a strillare. Penso non è possibile che nessuno mi aiuti, forse sto sbagliando ad insistere ma io non so proprio cosa fare – continua ancora – Suono nuovamente il campanello per chiamare l’ infermiera. Non arriva nessuno. Alle 7.05 si affaccia una signora con giubbotto. Mi chiede cosa è successo e chiedo per favore, in lacrime, di essere aiutata perché dalle 00:30 le condizioni sono le stesse. Mi dice di stare tranquilla e di aspettare il tempo che si cambia. Aspetto. Alle7:15 mi raggiunge con un sondino e mi dice di doverlo attaccare all’ ossigeno. Ossigeno? Ma come? I colleghi hanno ripetuto che sta bene. Mi dice che secondo lei non è così”.
“Finalmente alle 8:00 arriva il risultato del tampone, siamo negativi e possiamo passare in reparto, ma prima devono consegnare la colazione e poi potrò essere spostata dall’ area grigia al reparto. Va bene, aspetto ancora un po’. Alle 9:00 arriva la colazione e l’ infermiera mi porta l’ areosol da fare al piccolo. Alle 9:40 arriva un’infermiera del reparto di pediatria, e appena vede mio figlio dice di correre in reparto perché vede il bimbo in sofferenza. Sono spaventata e dico che dalle 00:30 è in quelle condizioni e nessuno ha fatto niente”.
“Mi tranquillizza, in modo amorevole e materno. Mi dice che i medici sapranno come risolvere questa situazione, ma dobbiamo correre perché respira male. Alle ore 10:00 del 24 Novembre 2021 arriviamo in reparto e i medici dicono che mio figlio era in insufficienza respiratoria, colore cianotico, saturazione bassa, non apre gli occhi, non piange, non si muove. Gli somministrano adrenalina nebulizzando con l’apposito apparecchio, mi dicono che non sta bene, non respira bene, è una condizione impegnativa. Di lì a breve, il piccolo apre gli occhi e riprende il suo colorito roseo. Mi confidano di aver preso in tempo la situazione tra le mani, e, che sarebbe bastato poco per perderlo. Sono indignata, disgustata. Si tratta di bambini, di persone. Forse a qualcuno farebbe bene restare a casa, e lasciare spazio a chi forse dedicherebbe anima e corpo a ciò che fa”, conclude.
La replica dell’ospedale: “Il bambino è stato subito assistito dai medici e infermieri del pronto soccorso e non è mai stato in pericolo. Ha atteso, sotto osservazione, in una stanza singola dedicata con un letto anche per la mamma nell’area del pronto soccorso dedicata ai pazienti in attesa di ricovero. Quando si è liberato il posto letto in reparto è stato trasferito in pediatria, non essendo necessarie cure intensive”.