È di speranza che si parlerà, domenica prossima, nella parrocchia San Francesco d’Assisi di Japigia. E di come “dare speranza al futuro” parleranno Raffaele Diomede, educatore e scrittore, e Nicola Petruzzelli, direttore del carcere minorile di Bari.
Durante l’incontro – che inizierà alle 20 e sarà moderato dalla giornalista Michela Di Trani – si racconteranno le storie dei ragazzi di Comunità che ce l’hanno fatta, le storie delle loro difficili adolescenze e delle loro speranze. Perché è di questo che parla “Si può nascere ancora”, il libro scritto da Diomede e pubblicato a marzo scorso dalla Palomar.
“Si può nascere ancora – racconta l’autore – prende spunto dalla lettera di un ragazzo che, al termine della sua messa alla prova, ci salutò dicendo: ‘Ora sono rinato’. Queste parole le porto come mio motto e come slogan della mia missione di vita”.
Si può nascere ancora è un saggio descrittivo nell’universo degli adolescenti difficili e sulla criminalità minorile e riporta testimonianze, esperienze, storie e consigli a favore di chi ogni giorno si rapporta con la cosiddetta ‘generazione Z’: “Questo libro – spiega Diomede – dà voce ai ragazzi che sono entrati nei circuiti penali e che hanno vissuto la loro esperienza di comunità. Non ha la pretesa di voler dare risposte ai tanti bisogni educativi e alla complessità dei nostri tempi, ma può sicuramente essere un supporto ai ragazzi, agli operatori sociali e alle famiglie. È una guida che parla con la voce di questi giovani, perché all’interno ci sono le loro lettere, i loro racconti, loro le storie e i loro percorsi”.
È proprio la speranza il fil rouge che accompagna il lettore: “Mai come in questo momento storico noi operatori (ma anche le famiglie, gli insegnanti e i ragazzi) sentiamo il forte bisogno di credere ancora che tutto può trasformarsi. Anche questo momento critico che stiamo vivendo può trasformarsi in un momento di valore”, aggiunge Diomede.
Raffele Diomede, oltre ad essere educatore professionale, è responsabile del centro diurno Chiccolino di Bari e da più di vent’anni si dedica alla lotta non repressiva del crimine organizzato e al concreto recupero sociale dei minori entrati nei circuiti penali: “La mia storia inizia nel 1989, quando mi occupavo di ragazzini che stavano facendo uso di droghe. Il mio compito era quello di seguire questi ragazzini e introdurli in un’associazione che si occupava di sport. Questa attività dava fastidio a qualcuno più grande e una domenica mattina, appena terminata la messa, davanti a tanta gente, fui fermato da un gruppo di ragazzi più grandi che mi aggredirono. Ero sul cigolo del marciapiede, caddi e urtai violentemente la testa. Quando mi risvegliai, qualche ora dopo, mi fu chiaro quello che avrei voluto essere e quello che avrei voluto fare nella mia vita: diventare un bravo educatore. Non so se ci sono riuscito, ma ce la sto mettendo davvero tutta”.
Il libro è strutturato in nove capitoli e ogni capitolo è dedicato ad una tematica particolare: ci sono la famiglia, la scuola, la comunità, gli operatori sociali e il tribunale: “Tutti fanno parte di un sistema – spiega l’educatore -, fanno parte di quella che a me piace ricordare come la ‘comunità educante’. La situazione è complessa e richiede proprio che ognuno possa essere parte di un ingranaggio: solo il lavoro d’insieme può portare al risultato finale e far che questi ragazzi, nel più breve tempo possibile, possano uscire dai circuiti penali e riprendere in mano la propria vita. Perché sono certo – conclude – che il cambiamento di ciascun ragazzo porterà al cambiamento della società”.