Dopo il Punteruolo rosso che già aveva decimato alcune specie di palme, in Puglia potrebbe essere arrivato quello nero che attacca in particolare gli alberi di fico. A lanciare l’allarme è Legambiente Puglia, intervenuta in merito alle recenti segnalazioni della potenziale presenza.
“Servono strategie specifiche per il monitoraggio ed il controllo – ha affermato in particolare Ruggero Ronzulli, presidente di Legambiente Puglia – sarebbe auspicabile infatti una buona attività di monitoraggio per la ricerca degli adulti del punteruolo nero oppure dei segni di attività delle larve”.
Il punteruolo del fico, le cui segnalazioni ufficiali riguardano al momento la zona di Guagnano nel Salento, è un insetto il cui nome ufficiale è Aclees taiwanensis. Si tratta della specie originaria di Taiwan, accidentalmente introdotta in Europa. Il primo ritrovamento in Italia risale al 2005 in Toscana, in un vivaio di Pistoia. La specie è oligofaga su piante del genere Ficus, risultando come una minaccia per il fico comune, Ficus carica.
Gli adulti si nutrono di foglie e infruttescenze in maturazione, rendendole incommerciabili. Il danno maggiore però è causato dalle larve xilofaghe che, scavando gallerie di alimentazione all’interno del tronco e delle radici superficiali, compromettono il flusso linfatico dell’albero.
Difficoltoso da rintracciare tempestivamente rappresenta uno dei maggiori limiti al controllo dell’insetto e nonostante la sua dannosità attualmente non esiste alcun Regolamento comunitario o normativa nazionale che individui una lotta obbligatoria per limitarne la diffusione, in quanto non è considerato una specie invasiva da quarantena.
“Sul tronco possono essere presenti dei buchi di ingresso da cui fuoriesce della rosura – ha spiegato invece Roberto Antonacci, responsabile verde urbano di Legambiente Puglia – attualmente l’unica strategia da attuare dopo il monitoraggio è uccidere le larve con mezzi meccanici, infilando ad esempio del fil di ferro nei fori. Il punteruolo nero, inoltre, depone le uova preferibilmente nell’area del colletto per cui sarebbe possibile ridurne l’accesso tramite l’impiego di una rete a maglia fitta e resistente. Tuttavia A. taiwanensis è anche in grado di deporre le sue 100 uova nella parte superiore del tronco e perfino sulle branche principali. Per questa ragione le attività di ricerca stanno sperimentando l’uso di manicotti (tipo Rincotrap) impregnati a repellenti. Per quanto concerne invece il controllo degli insetti adulti, ha dato prova di efficacia il fungo entomopatogeno Beauveria bassiana, in grado di parassitizzare un gran numero di insetti, tra cui A. taiwanensis, e di uccidere gli esemplari con cui viene in contatto nel giro di pochi giorni” – ha concluso.
“Fino ad oggi l’insetto non ha determinato un impatto commerciale rilevante – ha sottolineato Ronzulli – ma saranno indispensabili finanziamenti per svolgere studi approfonditi per cercare una soluzione al problema o meglio per limitare il suo impatto nell’economia pugliese della produzione dei fichi e fioroni”.