I fenomeni naturali, meglio conosciuti come uragani mediterranei, che negli ultimi 10 anni si sono verificati sulle coste della Sicilia sud-orientale, hanno prodotto effetti più intensi delle più forti mareggiate stagionali. E’ quanto emerso da uno studio condotto dai ricercatori degli atenei Aldo Moro di Bari e Catania in collaborazione con l’Area marina protetta del Plemmirio di Siracusa.
La ricerca, dal titolo Comparing impact effects of common storms and Medicanes along the coast of south-eastern Sicily, pubblicata recentemente sulla prestigiosa rivista internazionale “Marine Geology”, ha analizzato in particolare le dinamiche di propagazione e gli effetti di impatto dei vari uragani mediterranei o “Medicane” (dalla fusione dei termini inglesi MEDIterranean e hurriCANE) e forti tempeste avvenute in Sicilia sud-orientale dal 2005 al 2019.
“Il Mediterraneo, seppur raramente, è uno dei bacini di formazione dei cicloni simil-tropicali, che possono talvolta intensificarsi fino a divenire uragani venendo pertanto definiti uragani mediterranei – ha spiegato il professor Giovanni Scicchitano dell’Università di Bari – lo Ionio meridionale, in particolare, è un’area particolarmente attiva nella genesi di Medicanes. Già nel 2014, quando abbiamo condotto una campagna di rilievi dopo il passaggio del Medicane Qendresa, ci siamo resi conto che l’evento meteomarino aveva espresso una forza particolarmente intensa”- ha concluso.
“Da allora abbiamo selezionato delle aree particolarmente esposte delle coste siracusane, che abbiamo intensamente monitorato durante tutte le principali tempeste avvenute fino al 2019 – ha aggiunto il professor Scicchitano, responsabile scientifico della ricerca – quando la Sicilia sud-orientale nel settembre 2018 è stata interessata dal passaggio dell’uragano Zorbas, avevamo una rete di monitoraggio estesa che ci ha permesso non solo di verificare che gli effetti dei Medicanes sono più intensi di quelli delle più forti mareggiate stagionali, ma anche di definire la possibile causa di questa diversità. L’inondazione che le forti mareggiate da tempesta, e soprattutto i Medicanes, causano lungo le aree costiere viene generata dal contributo cumulativo delle onde che impattano, delle maree e di quello che è conosciuto come storm surge ovvero un importante e durevole sollevamento del livello del mare lungo il litorale, indotto dai venti e dalla bassa pressione”.
“Abbiamo verificato attraverso l’utilizzo di dati satellitari, mareografici, ondametrici e di modellistica idrodinamica che le onde sviluppate dai Medicane Quendresa e Zorbas, che hanno colpito la Sicilia sudorientale nel 2014 e nel 2018, erano simili, o a volte meno energetiche, di quelle sviluppate durante le mareggiate stagionali – ha spiegato invece il professor Carmelo Monaco dell’Università di Catania, co-autore della ricerca – nonostante ciò le aree inondate dagli uragani mediterranei, dettagliatamente mappate dai nostri rilievi post-evento, erano più estese, anche dell’80%, di quelle invase a causa delle comuni tempeste stagionali. Da ciò abbiamo dedotto che i maggiori effetti provocati dai Medicane rispetto alle mareggiate stagionali fossero da attribuire ad un maggiore storm surge” – ha concluso.
Nello specifico, per trovare le evidenze sul territorio dei risultati dei loro modelli, il gruppo di ricerca ha condotto (dopo il passaggio di Zorbas), nel settembre del 2018, una campagna di interviste post-evento a testimoni oculari, ottenendo anche dati da videocamere di sorveglianza di strutture pubbliche e private che mostrassero evidenze valide per una corretta e accurata ricostruzione dello storm surge.
“Abbiamo recuperato dati importanti da varie fonti come video amatoriali o camere di sorveglianza dei diving center – ha specificato il professor Scicchitano – un contributo fondamentale è stato fornito dall’impianto di video-sorveglianza dell’Area marina protetta del Plemmirio. L’analisi dei video registrati dalle videocamere dell’area marina protetta siracusana durante l’impatto del medicane Zorbas ci ha permesso, insieme alle ricostruzioni tridimensionali realizzate con rilievi fotogrammetrici con drone, di definire con grande accuratezza l’entità dello storme surge, nonché di dimensionare l’energia dell’evento. Per quanto i Medicanes siano fenomeni naturali non strettamente connessi ai cambiamenti climatici, diversi studi ipotizzano che in un prossimo futuro questi possano causare un cambiamento nella dinamica degli uragani mediterranei, che potrebbero diventare più intensi anche se meno frequenti. Stiamo intensificando la rete di monitoraggio per lo studio delle mareggiate e dei Medicanes lungo le aree costiere della Sicilia sud-orientale, ed in quest’ottica il sistema di video-sorveglianza dell’Area marina protetta del Plemmirio rappresenterà un vero e proprio laboratorio a cielo aperto” – ha concluso.
Ma la ricerca non si ferma qui. “Stiamo già sviluppando i primi algoritmi di Intelligenza artificiale che possano analizzare in automatico centinaia ore di video estraendo i parametri idrodinamici e morfologici che normalmente studiamo proprio per essere pronti ad effettuare un monitoraggio in tempo reale degli eventi meteo-marini estremi per meglio comprenderne le dinamiche e definire la vulnerabilità del territorio rispetto a queste tipologie di eventi” – ha concluso il docente dell’Università di Bari.