“Abbiamo visto con i nostri occhi il dramma di tante famiglie esasperate tanto da aver pensato anche a soluzioni drastiche, come farla finita o rivolgersi a quelli che io chiamo i padrini di quartiere”. E’ quanto ha raccontato a Borderline24 Don Vito Piccinonna, responsabile dell’ufficio della Caritas diocesana di Bari e Bitonto.
Dalle famiglie con più di un figlio a carico a quelle che, prima a causa del lockdown, poi delle zone rosse, hanno visto chiudere le serrande delle proprie attività o dimezzati i propri stipendi, ma non solo. Anche vittime di usura, persone separate, braccianti agricoli e lavoratori a nero. Sono tanti i cittadini che, in un momento di crisi dettato dall’emergenza sanitaria, si sono rivolti alla Caritas per poter avere supporto, non solo per quanto riguarda la mensa, ma anche spesa, vestiario e supporto psicologico.
In particolare, in Puglia, stando a quanto emerso dal report “Chiese chiuse…chiesa aperta”, durante il primo lockdown (dunque da marzo a maggio 2020) le persone che si sono rivolte ai 678 centri d’ascolto Caritas sono aumentate del 56%. Si tratta, in totale, di 119mila persone: 47.942 le famiglie, molte con figli minori.
Dato importante, quello delle fasce d’età, che ha visto una percentuale del 61,1% per i cittadini dai 24 ai 35 anni e del 77,6% dai 35 ai 44, chiedere supporto. Alte anche le percentuali delle altre fasce d’età: 16,6% per i 18-24, 94,4% (45-54) 444% (65-74) e infine 27,7% per gli over 75. “In questi numeri – spiega Piccinonna – bisogna contemplare una buona percentuale che riguarda anche la terra di Bari, essendo, quella di Bari-Bitonto, tra le 19 diocesi della Puglia che conta più abitanti. Stiamo parlando di una popolazione complessiva di oltre 700mila abitanti, di cui la metà abita in città, l’altra negli altri 22 due paesi della diocesi. Alcune delle persone già frequentavano i nostri centri di ascolto, poi ci sono state quelle che per la prima volta si sono trovate di fronte a delle problematiche. E’ stato molto difficile a livello psicologico per queste persone rivolgersi a noi” – sottolinea raccontando il dramma di alcuni.
“Prima di un certificato, di una scheda, ci sono dei volti, ci sono delle storie – spiega ancora Piccinonna – in tanti si sono ritrovati per la prima nella situazione di non poter mettere un piatto in tavola”.
“Un dato che va denunciato – prosegue – è quello della maggiore disponibilità di molti ai ‘padrini’ di quartiere, persone apparentemente comprensive, disponibili, ma con altri interessi. Parliamo a fuor di metafora degli usurai. Erano loro i primi a intercettare queste situazioni di bisogno. Di solito sono le persone che vanno alla ricerca di questi individui, ma non è stato così in questo periodo in cui era ancora più importante saper ascoltare il grido silenzioso di tante situazioni spesso vicine, ma invisibili” – ha spiegato.
Oggi, spiega Don Piccinonna, la situazione, sebbene l’emergenza sanitaria abbia leggermente allentato la presa, non è cambiata: “Ci sono ancora persone che vengono a chiedere aiuto, ma ci troviamo anche di fronte a un piccolo cambiamento. Dipende tutto da come si evolveranno gli scenari che però hanno bisogno di una lettura complessa, che si deve fare insieme. Con la pandemia alcuni pezzi si sono disgregati, bisogna ricomporli, dalla politiche alla società civile. In tanti, dai più piccoli agli anziani, hanno avuto grosse ripercussioni e soffrono ancora oggi di una solitudine relazionale, che per noi è la radice di tutte le povertà, anche di fronte all’abbondanza di mezzi” – ha spiegato ancora.
“I quartieri – ha raccontato – al contrario delle città, sono agglomerati particolari in cui si riesce di più, o si dovrebbe, a sfondare quell’anonimato di conoscenza. Se si favorissero quelle reti di prossimità e solidarietà, che non vanno etichettate in nessun credo religioso, abbasseremmo quella solitudine in cui tanti si trovano. Per noi è stato importante trovare delle modalità con cui aiutare le persone a saper chiedere aiuto perché nella disperazione le persone fanno di tutto e arrivano dovunque. Basta restare umani e non voltare il proprio sguardo” – ha concluso.