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Da Foggia a Bari per curare il Covid: “Un’odissea lunga quattro mesi”

Pubblicato da: redazione | Mar, 20 Luglio 2021 - 13:00

“Vi racconto la mia odissea, piena di ostacoli, buona medicina, mista a tanta superficialità e trascuratezza”. A scrivere è un paziente 50enne di Altamura che affida a una lettera aperta la sua esperienza: “Il mio nome è Domenico. Ho contratto il Covid il 16 marzo scorso (non ero stato ancora stato vaccinato perché, a quell’epoca, per me non era ancora previsto). Sono stato male fin da subito, tanto che mia moglie già il 18 marzo ha allertato il 118. Un intervento a dir poco assurdo. Un medico si è limitato a dire che dovevamo ritenerci fortunati di poter curare il Covid a casa, mentre noi sapevamo benissimo che, data la mia patologia, andavo monitorato in ospedale con il supporto un reparto di nefrologia. É andato via senza fare nulla, senza visitarmi, senza rilasciare nessun referto dell’intervento.

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La situazione nei giorni successivi è andata via via peggiorando tanto che il 21 marzo, dopo aver nuovamente chiamato il 118, sono stato ricoverato all’Ospedale della Murgia ‘Fabio Perinei’. All’ingresso mi è stata fatta una radiografia che ha accertato una polmonite bilaterale da Covid-19. Dopo tre giorni di sosta nel pronto soccorso il 24 marzo mi hanno trasferito nel reparto Covid al 6° piano.

Mi hanno fatto firmare il consenso per la somministrazione del plasma iperimmune, del quale non si è vista nemmeno l’ombra. Forse era già tardi. Sono stato curato – prosegue – con la terapia ad ossigeno CPAP, antibiotica e cortisonica, ma man mano che la situazione (molto lentamente) migliorava dal punto di vista dell’infezione e della respirazione, continuavo ad avere forti dolori al petto. É il Covid, mi dicevano. Nonostante le mie sollecitazioni circa la necessità di un controllo radiografico, i medici si sono limitati alle terapie contro il Covid, ignorando il mio malessere.

Solo dopo 34 giorni, durante i quali protestavo quotidianamente per i forti dolori, nel momento in cui mi è ritornata la febbre alta, mi hanno sottoposto ad una Tac che ha rilevato importanti conseguenze e danni al polmone sinistro, soprattutto pneumotorace, ascesso, empiema (raccolta di pus in una cavità naturale dell’organismo) e sovrainfezione batterica.

Probabilmente ho avuto la sfortuna di essere stato ricoverato nel periodo in cui l’ospedale era al collasso per il grande numero di ricoveri e i reparti erano affidati a medici forse alle prime armi, magari non preparati a gestire l’emergenza Covid-19. Non so… resta il fatto che per 34 giorni il mio caso non è stato oggetto di attenzione e, a mio parere, si poteva intervenire prima. Mi chiedo, perché farmi soffrire così per 34 giorni? Dopo altri 3 giorni (al 37°!!) il mio caso è passato al Policlinico di Bari.

Sono stato trasferito il 26/04/2021 prima nel padiglione Balestrazzi del Policlinico di Bari (perché ero ancora positivo al Covid) e poi alla Clinica Baccelli nel reparto di Medicina Interna (dove sono ancora ricoverato).

Qui mi hanno curato, esaminato e seguito scrupolosamente e le mie condizioni sono migliorate lentamente. Ero sostanzialmente guarito dal Covid ma avevo necessità di un centro post-covid per la riabilitazione motoria e respiratoria. E così, dopo 21 giorni di degenza al Policlinico, mi hanno trasferito all’Istituto Maugeri di Bari, con la raccomandazione che venissi monitorato da uno pneumologo, dal momento che il Covid mi aveva parecchio “maltrattato” dal punto di vista polmonare. Mi hanno ricoverato in “Recupero e Riabilitazione Funzionale” e, nonostante le mie perplessità e le domande poste all’inizio ai medici di reparto, circa il percorso di cure cui sarei stato sottoposto, sono stato praticamente parcheggiato: prima nella Zona Grigia (per 8 giorni) e poi in RRF (recupero e rieducazione funzionale).

Continuavo a lamentare il dolore al petto, ma nessun pneumologo mi ha visitato. Credevo di dover andare in pneumologia ma mi hanno ricoverato in ortopedia e quotidianamente chiedevo ragione di ciò, ma… niente, venivo ignorato. Il dolore che riferivo mi si diceva fosse intercostale.

Per farla breve dopo 12 giorni di degenza, dietro forti insistenze mie e del mio medico curante, ho ricevuto la visita di uno pneumologo. Dietro sua richiesta mi hanno sottoposto ad una nuova Tac che ha evidenziato un peggioramento. Mi è tornata la febbre e solo allora si sono resi conto che il mio problema era, anche e soprattutto, pneumologico.

Nonostante le indicazioni del Policlinico, nonostante il mio malessere manifesto e riferito continuamente perché farmi soffrire per 22 giorni senza approfondire il motivo del suo malessere? Significa che gira tutto intorno ai soldi? Ma con la vita di chi soffre non si dovrebbe giocare. Dopo 22 giorni d’inferno, durante i quali ho avuto assistenza solo da un punto di vista riabilitativo (grazie ad una fisioterapista veramente professionale….ringrazio inoltre lo scrupolo degli operatori socio-sanitari), si è reso nuovamente necessario tornare al Policlinico nello stesso reparto di provenienza.

Questo ritengo sia un centro d’eccellenza e di scienza come pochi ne esistono al Sud, di cui costituisce punto di riferimento, e in tutta Italia. La mia situazione è in lieve ripresa, anche se occorrerà tenere duro ed avere ancora pazienza, ma posso dire che comincio a vedere la luce in fondo al tunnel. Questo è il mio racconto di 4 mesi, passando di ospedale in ospedale con la sfortuna di aver incontrato, oltre al virus Sars Cov 2, uno altrettanto pericoloso: il virus della superficialità e dell’indifferenza. La sanità dovrebbe tutelarci e non ignorarci. Oltre che pazienti, siamo esseri umani e non numeri. Sarei potuto essere tra quelli che non ci sono più – conclude – ringrazio Dio per essere ancora qui, per poter raccontare ciò che mi è accaduto con l’augurio che più nessuno viva questa mia stessa esperienza.

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