Il randagismo e l’abbandono dei cani sono fenomeni mai scomparsi. Anna Dalfino, oggi presidente dell’associazione Aca onlus, ha trascorso tutta la vita a cercare un posto sicuro per gli amici a quattro zampe ed è stata la prima a dare un nome a una cattiva abitudine, tutta “umana”: quella di acquistare o adottare cani per poi abbandonarli. E lei, la moglie del compianto sindaco di Bari, di guerre ne ha fatte tante. Alcune vinte altre hanno lasciato l’amaro in bocca.
Dall’abbandono dei cani, fenomeno che tende ad aumentare soprattutto nel periodo estivo, alle colonie feline che creano problemi tanto a chi se ne occupa quanto alla comunità: sono solo alcuni dei punti chiave elencati dalla Dalfino, secondo la quale, l’allarme abbandono e randagismo, a Bari, ha radici ben lontane sfociate oggi in una situazione in alcuni casi “ingestibile” in cui viene meno il rispetto nei confronti degli animali.
“C’era una legge, la 1295 – spiega la Dalfino – questa legge prevedeva che i randagi accalappiati fossero portati al canile sanitario e, dopo la sterilizzazione, ci restassero 60 giorni nell’eventualità di adozioni. Diversamente venivano portati nel canile rifugio. Oggi, con l’abolizione di quella legge, i cani dopo tre giorni vengono lasciati per strada. Non si ha, quindi, più il controllo della situazione e c’è gente che continua ad abbandonare cani e gatti”.
L’allarme, secondo la Dalfino, ad oggi, non riguarda soltanto la costante crescita di abbandono dei cani, ma anche dei gatti. Cosa che grava sulle così dette “gattare”.
“Il Comune – denuncia la Dalfino – ha dato un tesserino alle donne che hanno gatti in gestione, ma le ha prese in giro. Essendo animali di proprietà comunale dovrebbero provvedere al loro sostentamento, ma questo non accade. Senza contare che, con il problema del randagismo, ci sono molti gatti vittime dei cani. La situazione è pericolosa non solo per gli animali, ma anche per i bambini o per gli anziani che, compiendo buone azioni, come dare loro del cibo, potrebbero essere aggredite dai cani. Il Sindaco deve stare attento, è lui il responsabile della quiete pubblica: la situazione è vergognosa”.
“Ho un po’ di esperienza – spiega – perché ho gestito due canili, tra questi il canile comunale di Bari per 8 anni, una storia lunga e penosa che mi fa male raccontare. Si è giocato troppo spesso sulla pelle degli animali. I loro diritti devono essere rispettati sempre, ma per come funziona oggi, nonostante siano riconosciuti come esseri senzienti, non vengono rispettati e sono costretti a vivere spesso situazioni penose” – racconta ricordando le battaglie combattute nel corso degli anni. Tra queste il referendum che bloccò la costruzione del canile a Palese e la protesta sotto la sede del Comune, con i camion pieni di 450 cani che, a causa di un andirivieni delle istituzioni, non trovavano spazio adeguato (prima erano stati posizionati su un terreno pieno di amianto).
“Quei cani furono poi affidati agli spazi dell’ex Macello comunale – racconta ancora – da 450 diventarono 1000, la situazione allora diventò problematica per i cittadini. Noi facevamo il lavoro che doveva fare il Comune, raccoglievamo i cani e li portavamo al sicuro. Furono anni ricchi di bei momenti, gli animali venivano curati, ma poi quegli anni sono finiti ed è cominciata una storia macabra. Oggi la mia battaglia riguarda anche i gatti: sto portando avanti un progetto dal nome “Oasi felina”. La buona notizia è che il gattile, dopo molte battaglie, si farà nel canile. Speriamo – conclude – che nella nostra città vengano ben presto garantiti tutti i diritti agli animali”.