“Era domenica, e tornavo dal mare col piccolo Giovanni sulle spalle”. Esordisce così, Michele Emilano, magistrato e presidente della Regione Puglia, nel racconto del suo personale ricordo del giorno in cui, 29 anni fa, fu ucciso il giudice Paolo Borsellino, in quella che passò poi alla storia come la strage di via d’Amelio.
“Daniela, mia cognata, uscì dal cancello di casa dicendomi solo queste parole: “Michele, Borsellino”. E capii che quello che lo stesso Paolo considerava inevitabile si era verificato – prosegue Emiliano – Un dolore e una rabbia infinite, che ancora oggi mi sconvolgono. E che hanno cambiato la storia di Italia”.
Il governatore si chiede cosa sarebbe stata l’Italia se, se ancora oggi, si potesse contare sulla coscienza critica di uomini fedeli alla Costituzione e alla Repubblica come Paolo Borsellino e come il giudice Falcone, ucciso poco prima del collega Borsellino, nella strage di Capaci. “La lezione di Borsellino è racchiusa nella sua convinzione che la mafia non è solo un insieme di organizzazioni criminali – spiega il governatore – è una cultura che fonda e regola le relazioni personali sull’esercizio sistematico della violenza, dell’intimidazione, dell’omertà, sulla trasformazione dei diritti in favori. Borsellino fu tra i primi a capire, insieme a Falcone, che la mafia ha molte facce ed è tanto più forte quando la democrazia è debole, quando la politica è debole. Quando cioè i cittadini sono meno cittadini e si comportano da clienti o sudditi: è allora che la mafia fa sentire la sua violenza – prosegue – Per questo ancora oggi è importante tenere alto il suo messaggio. Guardare alla sua vita ed ispirarsi all’esempio di questo servitore dello stato è un esercizio doveroso e utile per tutti, rappresentanti delle istituzioni e cittadini. Questa battaglia si deve combattere sempre e a ogni costo, ognuno di noi secondo le possibilità di ciascuno”, conclude Emiliano.
(Foto anteprima: Facebook Michele Emiliano)