Nel carcere di Bari la campagna vaccinale anti-Covid è in dirittura di arrivo e, grazie ad un’azione di sensibilizzazione massiva, ha ottenuto il 91,5% delle adesioni, superando la media nazionale di somministrazioni effettuate negli altri istituti italiani pari all’86,7%. E poi, ancora, un centro di prevenzione e diagnosi precoce all’interno del penitenziario, che oggi può contare su un servizio di ecografia polmonare finalizzato a diagnosticare precocemente polmoniti da Covid e, più di recente, l’attivazione del progetto riabilitativo Covid@casa con una fisioterapista dedicata per gli eventuali casi positivi nella fase post infezione. È quanto prevede il programma di tutela e sicurezza dei detenuti in riferimento alla emergenza sanitaria attuato dalla Medicina penitenziaria della Asl di Bari, riconosciuto tra i più efficienti e completi a livello nazionale.
“Nell’ambito del programma anti Covid dei luoghi di comunità e dei soggetti fragili, la Medicina penitenziaria della Asl ha attivato percorsi di protezione – spiega il direttore generale della Asl, Antonio Sanguedolce – da un lato il centro di prevenzione e diagnosi precoce che oggi può contare su un servizio di ecografia polmonare per diagnosi tempestive di polmoniti da infezione Sars Cov2, dall’altro – prosegue Sanguedolce – una campagna vaccinale massiva che ha coinvolto il 90 per cento della popolazione detenuta e infine di recente l’introduzione di piani riabilitativi nell’ambito del progetto Covid@casa con una fisioterapista dedicata per i pazienti della medicina penitenziaria”.
Ottimi i risultati della campagna vaccinale: nel dettaglio su 440 detenuti presenti, 410 hanno ricevuto la prima dose di vaccino, ossia il 91,59%. Stessa larga adesione si è registrata nel carcere di Altamura dove risulta vaccinato con prima dose il 93,50 per cento della popolazione detenuta (75 su 77 detenuti), mentre a Turi nel complesso il 79.83% dei detenuti ha aderito alla campagna vaccinale (95 su 119). In parallelo hanno ricevuto la prima dose anche gli agenti di polizia penitenziaria: a Bari su 275 agenti, 219 si sono sottoposti alla prima somministrazione.
Sul piano della prevenzione, l’Unità operativa complessa di Medicina penitenziaria – diretta dal dottor Nicola Buonvino – si avvale di un servizio di ecografia polmonare che ha una grande utilità nella gestione della polmonite da COVID-19, per sicurezza, ripetibilità, assenza di radiazioni e facile utilizzo al letto del malato. “La sensibilità e la specificità dell’esame in periodo pandemico sono inoltre elevatissime – spiega il direttore della Unità complessa di Medicina penitenziaria, Buonvino – è in grado di intercettare le minime alterazioni iniziali della pneumopatia, di stimare un indice di gravità e di possibile evoluzione. Non deve comunque mai essere disgiunta dalla clinica – aggiunge – insieme possono diventare il punto di forza nella diagnosi precoce e per stimare una prognosi può aiutare nella decisione di ospedalizzazione e utilissima nella gestione del decorso”.
L’ecografia polmonare inoltre fornisce risultati simili alla TC toracica e superiori all’RX torace standard per la valutazione della polmonite e /o della sindrome da distress respiratorio dell’adulto (ARDS). Pertanto, grazie all’attivazione del servizio di ecografia è possibile diagnosticare possibili polmoniti da Covid e monitorare i pazienti/detenuti positivi anche presso la zona di isolamento degli istituti.
La Medicina penitenziaria ha aderito inoltre al progetto di riabilitazione Covid@Casa, promosso da Regione, Aress e Protezione Civile Regionale, orientato alla presa in carico del paziente nella fase post Covid, da parte del team riabilitativo e finalizzata al massimo recupero, nonché al consequenziale miglioramento della qualità di vita. “Lo scopo è quello di aiutare i pazienti, nel caso specifico ristretti, affetti da sequele di infezione, attraverso interventi mirati, ad alleviare e combattere i sintomi del virus ed a favorire lo svolgimento delle attività quotidiane fino all’attivo ed autonomo reinserimento nelle proprie attività in ambito familiare, sociale, lavorativo e della vita all’interno dell’istituto penitenziario”, aggiunge il dottor Buonvino.
Ogni trattamento riabilitativo viene personalizzato e tiene conto del quadro clinico rilevato nella fase acuta e in quella post-acuta, nonché di eventuali ulteriori condizioni patologiche preesistenti alla infezione virale.