“Alle città pugliesi con più alta produttività turistica è stata tolta una vela nell’annuale valutazione di Legambiente. La motivazione? Un eccesso d’intraprendenza turistica in esecuzione dei Piani paesaggistici, cioè bocciati per eccesso di studio. Criteri obiettivamente lontani dall’idea di successo del brand Puglia”. Lo dichiara il presidente della Commissione regionale bilancio e programmazione Fabiano Amati.
“La pretesa di dare un modello allo sviluppo secondo il proprio punto di vista culturale piuttosto che governando la realtà, fu il frutto avvelenato di esperienze totalitarie sconfitte dalla storia e ci porta a valutazioni incompatibili con la cura dell’incanto, la promozione dell’industria turistica, l’economia e il lavoro. Legambiente è una grande e meritoria associazione fondata su un approccio tecnologico nella cura ambientale, che non può consentirsi d’incappare in un errore di valutazione per mancata comparazione tra tutti i valori in campo.
Affermare la sostenibilità come coincidenza con il non utilizzo del territorio, significa quattro cose messe in fila e tra loro strettamente dipendenti: l’abbandono e la distruzione per mancata manutenzione dei beni e dei paesaggi incantati; il fallimento dell’industria turistica fatta di presenze da ospitare e per questo in grado di concorrere alle casse delle amministrazioni pubbliche con la tassa di soggiorno; la riduzione degli effetti economici di moltiplicazione offerti del turismo, a cominciare da quello di alta gamma, in grado di innalzare il livello della produzione regionale e compensare l’abbandono di altre attività più distruttive e inquinanti; la perdita di posti di lavoro e quindi l’ampliamento della povertà e dell’esodo verso altri territori con offerte di lavoro più accoglienti.
È ovvio che l’uso del territorio deve essere orientato alla tutela dell’incanto, affinché non siano distrutti ambiti di bellezza che giustificano e combinano i grandi risultati nel settore del turismo.
Ma per questo segnalo che in Puglia vige il principio di legalità, cioè un insieme di norme rigorosissime e un PPTR copianificato con il Ministero della Cultura, in grado di sottrarre le attività di trasformazione del territorio all’arbitrio dei modelli di sviluppo e dei suoi modellatori. A meno che la perdita della vela non nasconda una bocciatura implicita dei Piani paesaggistici e delle Soprintendenze, ma in questo caso perché mettere in discussione l’immagine dei Comuni per una battaglia politica che andrebbe trasferita a Roma?”