La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza con la quale nell’ottobre 2019 la Corte di Assise di Appello di Bari aveva confermato la condanna a 16 anni di reclusione per Maria Misceo, nipote del boss barese Giuseppe soprannominato “il fantasma”. La donna era imputata per l’omicidio di Donato Sifanno, ucciso da 18 colpi di kalashnikov il 15 febbraio 2014 nel quartiere San Paolo di Bari. I giudici della Suprema Corte, accogliendo il ricorso dei legali hanno disposto che venga celebrato un nuovo processo di appello nei confronti della donna, agli arresti domiciliari da dicembre 2016.
È stato invece dichiarato inammissibile il ricorso del collaboratore di giustizia Domenico Mercurio, per il quale diventa definitiva la condanna a 7 anni di reclusione per il delitto. Quello nei confronti di Mercurio è uno dei tre procedimenti aperti sull’omicidio e riguarda coloro che – secondo la Dda di Bari – avevano fornito supporto logistico, controllato e segnalato i movimenti della vittima, procurato e conservato le armi tra cui quella utilizzata per compiere l’agguato mafioso. Per il mandante del delitto, il boss Giuseppe Misceo, per i due esecutori materiali, il pluripregiudicato Arcangelo Telegrafo ed Emanuele Grimaldi, e per il responsabile di tre precedenti tentati omicidi ai danni di Sifanno, Francesco Pace, sono ormai definitive le condanne rispettivamente a 30 anni di reclusione per il boss e per Telegrafo, a 14 e 11 per gli altri due.