La convivenza forzata durante la fase di lockdown Covid ha rappresentato in alcuni casi il detonatore per l’esplosione di comportamenti violenti, in altri l’aggravante di situazioni già pericolose per le donne in famiglia. Nel 2020 in Italia le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%).
Le rilevazioni dell’Istat confermano che il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo, con picchi ad aprile (+176,9% rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 rispetto a maggio 2019). La violenza segnalata è soprattutto fisica (47,9% dei casi), ma quasi tutte le donne hanno subito più di una forma di violenza e tra queste emerge quella psicologica (50,5%). Così primi 5 mesi dello scorso anno sono state 20.525 le donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza nazionali (Cav), per l’8,6% la violenza ha avuto origine da situazioni legate alla pandemia come ad esempio la quotidianità in casa in modo forzato.
La diminuzione delle donne accolte nei mesi di lockdown – a causa delle restrizioni – ha però caratterizzato in modo diverso le regioni italiane: ne hanno risentito di più Cav del nord e del centro Italia, soprattutto Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana e Marche, ma anche il Molise e la Puglia al sud.
Quasi il 6% delle donne ha ricevuto ospitalità a causa del peggioramento o dell’insorgenza della violenza scatenata dalla pandemia, con valori più elevati al Sud (7,4%) e nelle Isole (7,1%) e minimi al Centro (2,7%). Tra le regioni emergono Veneto (27,3%), Liguria (17%), Sardegna (14,3%), Puglia (12,1%) e Lazio (11,5%).