Il legame tra i baresi e il mare è sempre stato un argomento di discussione. Per tanti, forse troppi anni, lo splendido lungomare è stato vissuto come se fosse una immagine da cartolina. Bello da guardare durante una passeggiata, anche per un selfie, ma con una scarsa propensione a renderlo un luogo comunitario per l’attività fisica. Soprattutto a causa di alcuni problemi atavici del capoluogo pugliese: lo scarico in mare della fogna in caso di forti precipitazioni, o col sovraccarico del depuratore Est. Problemi a cui Aqp sta cercando almeno di porre un freno con interventi mirati nella rete sotterranea.
Di contro però ci sono gli ottimi risultati diffusi dall’Arpa Puglia che ha valutato eccellente la qualità delle acque lungo l’intero litorale. Così nel corso del lungo periodo di limitazioni Covid in tanti amanti dello sport hanno scelto di provare uno degli sport individuali consentiti. Il surf (nuovo sport olimpico a Tokyo) e le sue ramificazioni adatte a grandi e piccoli che ormai spopolano: il sup (in piedi su una tavola da surf molto grande e pagaia ideale con il mare calmo) o il kite surf, letteralmente il surf con un “aquilone” che sfrutta la potenza del vento.
Dalla spiaggia pubblica di Torre Quetta al nuovo waterfront di San Girolamo ci sono numerose scuole surf, una opportunità d’occupazione per tanti giovani: “Bisogna rendere questo sport fruibile 12 mesi all’anno – commenta Antonio Pecorella, Arsup Bari – godendosi la città in pieno relax sviluppando sport all’aria aperta e uscendo dalla situazione di smart working. Senza considerare il livello di beneficio psicofisico”. Il sito del Coni consente di monitorare il numero di iscritti alle scuole surf: Big Air di Beppe Caldarulo conta quasi cento tesserati praticanti, Arsup Asd arriva a quota 64, per Bigeye si contano 24 tesserati agonistici e 22 praticanti, Cat Surf (4).