Riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, dichiarazione infedele e sottrazione fraudolente al pagamento delle imposte. La Procura di Bari ipotizza questi reati nei confronti degli avvocati penalisti baresi Giancarlo e Alberto Chiariello, padre e figlio, il primo in carcere da sabato ed entrambi indagati dalla Dda di Lecce per presunte tangenti al giudice Giuseppe De Benedictis in cambio di scarcerazioni di clienti.
Oggi si è tenuta la perquisizioni della Guardia di Finanza nelle due sedi dello studio legale dopo il ritrovamento a casa di Alberto Chiariello, il giorno degli arresti, di borsoni contenenti 1,2 milioni di euro in contanti.
Secondo la Procura di Bari l’avvocato Giancarlo Chiariello “percepisce come compensi per la sua attività professionale o per attività corruttive rilevanti somme di denaro, in palese violazione della normativa antiriciclaggio”. E “i redditi dichiarati sono assolutamente incompatibili con gli acquisti operati e con la somma rinvenuta”. Infine “rilevato pertanto – si legge – che l’unico modo per poter provare processualmente la provenienza illecita (evasione fiscale o reinvestimento di somme della criminalità organizzata), è acquisire presso gli studi degli avvocati documentazione relativa alla individuazione della clientela, alle modalità di fatturazione, all’esistenza di contabilità parallela, ai rapporti illeciti con la criminalità organizzata”.