Un ricorso al Tar Puglia contro il silenzio del Ministero della Giustizia di fronte alla richiesta di garantire il distanziamento nel carcere di Bari. E’ quanto depositato dagli avvocati Alessio Carlucci e Luigi Paccione, con il sostegno dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”. I legali, in particolare, nell’aprile 2020, durante il lockdown per la prima ondata dell’emergenza Covid, aprirono una class action procedimentale invitando il Ministero della Giustizia ad “adottare ogni misura atta a garantire all’interno della sovraffollata casa circondariale di Bari il rispetto della normativa sul distanziamento interpersonale sul divieto di assembramento”.
All’epoca dell’istanza, va specificato, il carcere di Bari, a fronte di una capienza di 299 persone, accoglieva 434 detenuti. Secondo i due avvocati però, gli spazi detentivi nel carcere di Bari non consentono alle persone ristrette, stante il detto sovraffollamento, di rispettare il distanziamento e “detta oggettiva impossibilità si traduce nell’aggravamento dei rischi per la salute dei detenuti e del personale penitenziario”. “A distanza di un anno – spiegano – nella permanenza dell’obbligo normativo e a fronte del silenzio del Ministero, gli scriventi hanno depositato un ricorso dinanzi al Tar Puglia per far dichiarare l’illegittimità del silenzio inadempimento ministeriale. Problematiche analoghe sono state evidenziate anche da altre associazioni che si occupano di garantire i diritti dei detenuti.