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Bari, 24 maxi foto per raccontare il Libertà: “Dal panettiere al migrante, ho scoperto l’essenza”

Pubblicato da: Francesca Emilio | Ven, 26 Marzo 2021 - 07:30

Raccontare il quartiere Libertà attraverso i volti e gli sguardi di chi lo vive ogni giorno. E’ l’idea portata avanti dalla fotografa leccese, Teresa Imbriani che, con l’associazione “La Giusta Causa”, ha allestito negli scorsi giorni, nell’ambito della programmazione delle iniziative della Rete civica urbana, l’esposizione della ricerca documentaria di fotografia sociale “Libertà. Tratti”, prorogata fino al 28 aprile. Paolo l’ingegnere, Awa sarta, Vanusha badante, Natale fruttivendolo, Michele liutaio motociclista, Franco consulente sociale, sono solo alcune delle persone protagoniste del progetto.

Il risultato si compone di una raccolta di ritratti, un campionario di nature e culture diverse accomunate e unite dalla convivenza e dalla condivisione dello stesso territorio. Quando il percorso è stato avviato, sottolinea Imbriani “Si trattava solo di una mostra fotografica, non avevo idea di quello che sarebbe accaduto, il quartiere mi ha mostrato la rotta da seguire”. E’ proprio camminando per le vie del quartiere che, la fotografa, addentrandosi per le strade, ha scoperto lo storico edificio della ex Manifattura Tabacchi, scegliendo di utilizzarlo per la mostra. Una struttura accessibile a tutti che, essendo anche il luogo in cui si tiene il mercato, rappresenta, di fatto, il cuore del quartiere ed è motivo, inoltre, di diverse iniziative volte a tenere accesi i riflettori sull’edificio, inutilizzato per anni. “Una volta trovato il luogo, sono venuti i contenuti – ha raccontato Imbriani – il quartiere si è mostrato a me ed io, anche grazie ad una serie di ricerche, ho avuto modo di scoprirne l’essenza. Avevo già in mente l’idea dei ritratti, man mano però è venuta fuori l’idea dello sfondo nero, per dare risalto ai cittadini”. Da allora la fotografa, continuando parallelamente ad effettuare ricerche sulla storia del quartiere, ha iniziato a percorrere le vie del Libertà con un piccolo set da viaggio, pronta a fermarsi nei luoghi maggiormente caratteristici.

“Ho iniziato proprio dal mercato dell’ex Manifattura Tabacchi – spiega – sono andata lì, ho allestito il set e ho iniziato a parlare con le persone, facendo anche qualche scatto. Questo prima del lockdown di marzo. Dopo la pausa forzata, in cui ne ho approfittato per fare ulteriori ricerche, ho ricominciato ad uscire” – sottolinea raccontando di aver scoperto per caso dell’esistenza, tra le altre cose, di una Moschea in via Eritrea. “Mi sono praticamente appostata lì, fino a quando non sono riuscita ad avere l’autorizzazione – specifica – mentre per gli altri scatti ho avuto più tempo, lì il set è durato sei minuti e mezzo, poi sono dovuta andar via”.  La mostra, racconta, di fatto, alcune persone che vivono e lavorano in uno dei quartieri indubbiamente più variegati e multietnici della città. Al momento le foto allestite sono 24, ma “Sono in aumento” – racconta ancora la fotografa. “Mentre all’inizio ero io a cercare la gente, adesso sono i cittadini del quartiere a cercare me. Sono in tanti quelli che mi scrivono per chiedermi di poter essere fotografati”. Motivo per cui, dichiara Imbriani, sarà arricchito l’album online.

“Descrivere la varietà e la multietnicità di un quartiere variegato come il Libertà è difficile – spiega cercando di trovare tre foto che meglio rappresentano l’identità del quartiere – non si può sintetizzare in pochi scatti. Ce ne sono alcuni che a livello emotivo mi hanno aiutata a proseguire sul percorso scelto, come ad esempio la bambina piccola, nata in Italia da mamma arrivata in Italia o uno dei primi scatti effettuati, quello ad Ana, la cuoca – dichiara raccontando con emozione il primo scatto effettuato al Redentore. “Ventiquattro foto non bastano per raccontare un quartiere così ricco di storie e diversità – commenta ancora Imbriani – è stato un percorso intenso, in cui l’unica complicazione è stata relazionale, a causa della paura del contagio. Nonostante la distanza, abbiamo raccontato nell’intimità il quartiere attraverso chi lo vive ogni giorno” – conclude la fotografa.

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