Sarebbero “gravi” le “criticità della sicurezza per i pazienti e per gli operatori che lavorano” nell’ospedale Covid in Fiera a Bari. Lo sostengono i sindacati Aaroi-Emac, Cisl, Cgil, Uil Fp, Anaao-Assomed, Fials medici, Fvm e Fassid in un documento unitario firmato dopo gli incontri che ci sono stati con l’assessore alla Salute, Pierluigi Lopalco, e il direttore del dipartimento Salute, Vito Montanaro.
“La gestione – dicono – non è stata mai condivisa con le parti sociali ed ora, con l’urgenza di intervenire, viene chiesto al personale sanitario di operare in condizioni non ottimali e comunque in assenza di un corretto assetto organizzativo. Ci si è reso conto solo dopo che la struttura è stata approntata che non c’era il personale sufficiente da parte del Policlinico di Bari e quindi i vertici regionali hanno pensato di coinvolgere la Asl di Bari e più precisamente l’ospedale San Paolo cui è stato chiesto un contingente di 8 rianimatori ed 8 pneumologi”. I sindacati evidenziano che a “novembre era stata approntata una struttura covid presso il San Paolo chiedendo la collaborazione del professore Angarano. Quella struttura stava funzionando bene e ora di fatto la si riduce notevolmente e quasi la si smantella”. Secondo i sindacati, “tutta questa operazione in realtà non aumenta il numero dei posti letto covid del territorio di Bari e della regione ma li si disloca in una struttura decentrata e non ancora organizzata per l’assistenza di pazienti ad alta criticità. A tutt’oggi non si è ancora a conoscenza dei precisi protocolli cui il personale presso il centro covi della Fiera deve attenersi, posto che le buone pratiche che si svolgono in strutture rodate non sono applicabili in quella sede”.
I sindacati paventano “episodi di difficile gestione che potranno inevitabilmente comportare eventi che mettono a rischio la sicurezza delle cure e la salute dei pazienti e aprirebbero contenziosi medico legali che vedrebbero implicati dirigenti medici che con abnegazione stanno dando il loro contributo alla risposta sanitaria in assenza del richiesto scudo sanitario legato alla pandemia”. E concludono: “Non vediamo in tutto ciò un comportamento che possa definirsi strategico, piuttosto un “armiamoci e partite” senza chiari protocolli, con rischi anche riguardanti la veste giuridica di colleghi che devono lavorare in un ospedale appena edificato e, a nostro parere, non sicuro per quel che riguarda tutti i delicati aspetti lavorativi di una struttura logisticamente decentrata”.