Secondo la Procura di Bari, i dirigenti del locale Policlinico avevano “precisi obblighi di valutazione del rischio da agente biologico e di adozione delle misure tecniche, organizzative e procedurali per evitare l’esposizione dei lavoratori e dei pazienti”. Il caso, ormai noto, è quello della diffusione della legionella che, negli scorsi anni, aveva infettato alcuni reparti del quartiere ospedaliero barese, causando anche il decesso di 4 persone tra il 2018 e il 2020 e per cui oggi la Procura ricorre in ricorre in Cassazione.
L’istanza, presentata dal procuratore aggiunto Alessio Coccioli e dalla pm Grazia Errede, contesta l’annullamento delle interdizioni per il direttore generale del Policlinico Giovanni Migliore, per il direttore sanitario Matilde Carlucci e per il direttore dell’Area tecnica Claudio Forte.
Nei ricorsi, la Procura contesta il ragionamento del Tribunale del Riesame, che ha annullato le misure interdittive, il quale, secondo i pm, “si è diffuso nella elencazione di una serie di attività svolte dalla direzione sanitaria (in massima parte, peraltro, in epoca successiva alla conoscenza dell’esistenza di indagini in corso) senza indicare a fronte dell’omissione evidenziata dalla Procura quale attività di bonifica in concreto fosse stata eseguita”.
Gli indagati rispondono di omissione di atti d’ufficio e morte come conseguenza di altro delitto. Stando alle indagini dei carabinieri del Nas, infatti, i dirigenti indagati, nonostante i decessi per legionella, non avrebbero fatto la necessaria bonifica negli impianti idrici dei reparti dove era stata accertata la presenta del batterio. Nell’ambito di questa inchiesta a novembre 2020 è stato anche disposto il sequestro preventivo con facoltà d’uso dei due padiglioni del Policlinico, Chini e Asclepios, risultati infetti da legionella, per i quali nei giorni scorsi è stato chiesto il dissequestro.
Con l’annullamento delle interdizioni, il Riesame aveva anche ritenuto non provata la correlazione tra la legionella e i quattro decessi contestati. “L’imponente contaminazione da legionella e l’assenza di immediate misure di contrasto per contenere l’infezione – ricordano però i pm – determinavano il Dipartimento di Prevenzione a disporre la chiusura dei reparti di Medicina Interna nel padiglione Chini”, con successivo “blocco immediato dei ricoveri e disattivazione posti letto di tutti i restanti reparti, e ciò a riprova della persistenza del problema”.
Secondo quanto si legge nei ricorsi, “Il dato che resta agli atti è che le povere vittime hanno contratto infezione da legionella che ha condotto loro alla morte e la causa della morte in conseguenza della infezione da legionella è stata accertata a mezzo di consulenza tecnica”. I pm aggiungono che è agli atti anche documentazione dalla quale emerge che “nel periodo 2018 – 2020 nel Policlinico di Bari sono state registrate ben 32 schede di segnalazione per infezione da legionella”.