L’ordinanza regionale che ha disposto da oggi e fino al 5 marzo la didattica digitale integrata (Ddi) al 100% in tutte le scuole pugliesi rappresenta una «compressione del diritto fondamentale all’istruzione» con una «oggettiva ricaduta delle misure adottate sulla crescita, maturazione e socializzazione degli studenti, obiettivi propri dell’attività scolastica, che risultano vanificati senza alcuna possibilità di effettivo ristoro». Lo scrive l’avvocato Luisa Carpentieri nel ricorso presentato al Tar Puglia, per conto del Codacons Lecce e di un gruppo di genitori, per chiedere l’annullamento, previa sospensione della sua efficacia, dell’ultima ordinanza sulla scuola firmata dal presidente Michele Emiliano. «Il presidente della Regione, ancora una volta terrorizzato da un potenziale aumento esponenziale dei contagi nelle scuole che ad oggi non ha ragione di esistere – si legge nel ricorso – ha stabilito la chiusura totale di tutte le scuole di ogni ordine e grado senza alcun riguardo alle evidenze epidemiologiche, o quanto meno, senza esplicitare i motivi epidemiologici secondo i quali, all’interno di una regione ‘giallà, l’unica attività di rango costituzionale che non possa essere effettuata in presenza è la scuola». «Ciò che ancora oggi, dopo quattro mesi di ordinanze dall’efficacia temporale sempre più ridotta, sfugge al presidente della Regione Puglia – si legge ancora – è che finora le scuole non sono state dei cluster di contagio, non più di quanto lo siano stati altri luoghi in cui si riunisce gente».
«Ancora una volta – proseguono i ricorrenti – si confonde il mezzo con lo scopo. Lo scopo, ovviamente, è ridurre i contagi. Il mezzo, per il presidente della Regione pare essere solo l’esclusione della didattica in presenza, e ciò anche quando il mezzo migliore è indicato nelle pagine della sua stessa ordinanza: la rapida vaccinazione della popolazione adulta pugliese in generale e della popolazione scolastica adulta in particolare». Secondo i ricorrenti, inoltre, «se è vero che il diritto alla salute è un diritto fondamentale, lo stesso deve dirsi del diritto all’istruzione» e «in questo gioco al massacro dei diritti costituzionalmente garantiti, a farne le spese è anche un altro diritto fondamentale, quello al lavoro, sia dei genitori, dilaniati nella scelta impossibile tra famiglia e lavoro, sia dei docenti, costretti, nel continuo balletto delle ordinanze, a reinventare la didattica quasi settimanalmente».