“Possono i sindaci rispondere personalmente, e penalmente, per valutazioni non ascrivibili alle loro competenze?”. A esprimere la domanda, tramite una nota ufficiale, è Antonio Decaro presidente dell’anca e sindaco di Bari, in relazione alla notizia della condanna in primo grado a 18 mesi per Chiara Appendino, primo cittadino di Torino, per i disordini che a giugno del 2017, in piazza San Carlo, hanno causato 3 morti e circa 1500 feriti.
Le accuse per la Appendino erano quelle di lesioni, disastro e omicidio colposi, dopo che, durante la proiezione in piazza della finale di Champions League, alcuni ragazzi avevano spruzzato dello spray urticante per generare confusione e mettere a segno dei furti ma, ben presto, la ressa si era trasformata in una fiumana di persone capace di travolgere qualsiasi cosa.
“Non sta a me giudicare il lavoro della magistratura e non entro nel merito della sentenza, che rispetto – ha chiarito Antonio Decaro – Così come rispetto profondamente il dolore delle famiglie che in quella vicenda hanno perso un loro caro. Ma non posso non rilevare che la condanna di Chiara Appendino ci pone ancora una volta di fronte a un problema enorme: in questo contesto di norme e regolamenti diventerà sempre più difficile fare il mestiere di sindaco”.
Il presidente dell’Anci si chiede, ancora, se debbano i sindaco essere capri espiatori, “le uniche istituzioni sulle quali si scarica il peso di scelte dalle enormi responsabilità? Possiamo essere condannati perché facciamo il nostro lavoro? Oggi – prosegue – mentre voglio manifestare la mia solidarietà e quella di tutti i sindaci del Paese a Chiara Appendino, chiedo ancora una volta con forza di avviare un percorso di modifica delle norme. O l’Italia rischierà seriamente di diventare, a breve, un Paese senza sindaci”.