Nel 2018 era stata condannata alla censura dalla Sezione disciplinare del Csm per non essersi astenuta sin dal principio dalla trattazione dell’inchiesta sullo scontro tra due treni della Ferrotramviaria che in Puglia il 12 luglio 2016, causò la morte di 23 persone e il ferimento di altri 51 passeggeri, nonostante l’amicizia con il difensore di uno degli indagati per la strage, l’avvocato Leonardo de Cesare.
Oggi, sempre per quella vicenda, il plenum del Csm, con una decisione travagliata, passata con un solo voto di scarto, ha «bocciato» la allora pm di Trani Simona Merra, che era sottoposta alla seconda valutazione sulla professionalità. Uno stop che ha conseguenze pratiche, visto che a questi periodici «esami» sono collegati gli avanzamenti di carriera e di stipendio dei magistrati. Il plenum si è spaccato: 12 i voti a favore ,mentre 11 sono andati alla proposta alternativa, favorevole alla «promozione» . Merra lasciò l’inchiesta sul disastro solo dopo le polemiche scoppiate in seguito alla pubblicazione sui giornali di una foto (risalente al 2013)che la ritraeva ad una festa, mentre sorridente accettava un bacio simulato al piede da De Cesare.
E venne condannata dalla Sezione disciplinare anche per alcune dichiarazioni pubblicate dal Corriere della Sera in cui liquidava come «pettegolezzi e chiacchiericcio da mercato» le riserve espresse sul suo conto, dopo quella foto. Per il tribunale delle toghe con quelle parole avrebbe violato il dovere di correttezza verso i familiari delle vittime, anche se la magistrata ha sempre detto che non intendeva riferirsi a loro e che era stata vittima di una distorsione giornalistica. Secondo lo schieramento di maggioranza (capeggiato dalla togata di Area Alessandra Dal Moro) e il Consiglio giudiziario di Bari con questa vicenda Merra avrebbe dimostrato una carenza di imparzialità ed equilibrio. Per la minoranza (guidata da Paola Braggion di Magistratura Indipendente ) invece non si trattava di fatti così gravi (anche perchè «non c’è stato alcun pregiudizio» per l’ inchiesta sul treno), ma di una vicenda isolata nella carriera di un magistrato che, come ha detto tra gli altri Nino Di Matteo, «ha lavorato con impegno dimostrando capacità e labororiosità». ANSA