Il problema della legionella nel Policlinico di Bari si sarebbe potuto risolvere senza sgomberare i padiglioni e usando un «sistema di disinfezione chimico in continuo a base di monoclorammina», come è stato fatto in altri ospedali d’Italia.
Lo sostiene la Procura di Bari che, a supporto di questa tesi, ha depositato al gip Giuseppe De Benedictis chiamato a decidere sulla richiesta di interdizione per cinque dirigenti nell’inchiesta su quattro decessi per legionella avvenuti dal 2018 al 2020, un documento trasmesso dal Nas di Torino e relativo all’attività di bonifica nell’Unità spinale unipolare dell’ospedale «Città della Salute e della Scienza» del capoluogo piemontese.
Dal documento si evince che quando, a partire dall’inizio del 2019, nella struttura torinese i campionamenti ambientali periodici hanno iniziato ad evidenziare la presenza di legionella con cariche alte nonostante i trattamenti di pastorizzazione dell’acqua calda (mantenendo cioè in modo costante la temperatura nei serbatoi di accumulo ad almeno 63/65 gradi ed effettuando con frequenza settimanale uno shock termico notturno con innalzamento della temperatura nell’impianto di riciclo fino a circa 75 gradi per almeno un’ora), l’ospedale ha deciso di installare il nuovo sistema, entrato in funzione ad agosto 2019.
Da allora, e fino all’ultimo campionamento di ottobre 2020, i risultati hanno sempre evidenziato carica batterica negativa. Secondo la Procura di Bari questo dimostra che il problema si poteva risolvere anche nel Policlinico senza fermare l’attività dei reparti. ANSA