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Coronavirus, in Italia solo 610 Unità attive per l’assistenza su 1.200 previste

Pubblicato da: redazione | Ven, 27 Novembre 2020 - 15:00
coronavirus 118

Secondo l’Ordine nazionale dei Medici, nelle regioni italiane dove non sono state attivate le Unità speciali di continuità assistenziale (Usca), è più alto il tasso di ospedalizzazione. Delle 1.200 Unità speciali previste sul territorio nazionale, inoltre, solo 610 sarebbero quelle effettivamente attive e, in alcune regioni, alcune Unità sarebbero state anche cancellate. A raccontare i dati è lo stesso Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma, durante il suo intervento di questa mattina su Radio Cusano Campus, che, in riferimento alla sentenza del Tar del Lazio secondo cui i medici di famiglia non possono visitare i pazienti Covid a casa, ha ricordato che “il medico, in quanto tale, ha l’obbligo deontologico di seguire il proprio paziente”.

Ed è proprio intorno al nodo delle visite dei medici di base ai pazienti all’interno delle proprie abitazioni che ruota la necessità di un supporto da parte delle Unità speciali, che sono state formate con la legge 14 del marzo 2020 e che, per questi casi,  prevedono l’intervento a domicilio di un’equipe di specialisti e infermieri, per scongiurare il rischio di contagio dei medici di famiglia.

Condizione che è stata confermata dalla stessa sentenza del Tar, che ha precisato che all’interno delle Usca non devono essere presenti i medici di base, ma che questi ultimi devono proseguire nella loro normale attività. Tuttavia, in molte regioni d’Italia, a partire dallo stesso Lazio, le Usca sono state attive, fin ora, nella sola attività di tracciamento, occupandosi di effettuare i tamponi ma non le visite dei pazienti e ciò con la conseguenza di un continuo sovraccarico del sistema sanitario nazionale come denunciato dallo stesso Ordine dei Medici.

I dati “mostrano segnali di rallentamento della crescita dell’epidemia da SarsCov2, tuttavia le condizioni che gravano sul sistema ospedaliero, con occupazione delle Terapie intensive e delle aree Covid particolarmente elevata, impongono di non allentare le misure restrittive – spiegano i referenti dell’Intersindacale della dirigenza medica, sanitaria e veterinaria, che proseguono – Ricordiamo che nell’ultima settimana si sono contati oltre 200mila nuovi casi e 4.980 decessi mentre i ricoveri con sintomi sono attualmente più di 34mila”.

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