“Siamo in ostaggio dal 26 ottobre”. Comincia così un lungo racconto di una barese che dall’8 novembre, insieme alla madre, è risultata positiva al Covid.
“Tutto è partito la sera del 26 ottobre quando la temperatura corporea di mia madre è salita a 38 – ci racconta la figlia – La mattina seguente abbiamo prontamente avvisato il nostro medico curante che ha provveduto a segnalare la sua condizione alla Asl. Nella stessa giornata, quindi parliamo del 27 ottobre inizio ad avere anche io qualche linea di febbre. Pertanto, nuovamente avvisiamo il medico che segnala la mia situazione alla Asl. Mia madre ed io, rispettivamente dal 26 ottobre e dal 27 ottobre, iniziamo il nostro periodo di isolamento domiciliare fiduciario come appunto è previsto in caso di sintomi riconducibili al Covid-19”.
Dopo giorni di silenzio totale, la Asl finalmente fissa per l’8 Novembre il primo tampone presso l’ospedale Di Venere in modalità drive through, il cui esito è positivo per entrambe. Inizia il secondo periodo di silenzio dell’azienda sanitaria. “Abbiamo chiamato tutti i numeri presenti sul sito della Asl di Bari – continua il suo racconto – tutti i numeri presenti sul sito della Regione Puglia, senza ricevere alcuna risposta (segnalazioni fatte anche tramite email). Il nostro medico curante ci ha perfino consigliato di andare autonomamente, senza prenotazione, ad effettuare il tampone presso il Di Venere. Consiglio che ovviamente noi non abbiamo accettato poiché saremmo a rischia denuncia. Da allora sono passati 16 giorni dal primo tampone, ma in realtà noi siamo in isolamento da esattamente 26 giorni. Al momento, siamo in ostaggio. Abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti. Non è chiara la nostra situazione, non sappiamo se saremo chiamate per il secondo tampone né tantomeno sappiamo se possiamo essere considerate soggetti con carica virale bassa e quindi uscire, Anche qui si aprirebbe un altro dilemma visto che sia per il lavoro sia per qualunque medico e attività c’è bisogno del tampone negativo”.
La sorella minorenne e il padre si sono trasferiti in un altro appartamento. “Loro hanno eseguito il tampone privatamente e fortunatamente sono risultati negativi – conclude il racconto – Al momento, pur avendo rispettato ogni regola prevista per il bene della nostra famiglia e della comunità, inizialmente come caso sospetto e successivamente come caso confermato di Covid-19, noi ci sentiamo abbandonate dalla nostra Asl”.