Adesso, rispetto al lockdown della primavera in cui «ci siamo sentiti parte di una comunità, c’è più individualismo perché siamo stanchi del virus, le restrizioni si vivono in maniera diversa da regione a regione, da attività ad attività e ciascuno pensa alla propria libertà personale»; ma un lockdown nazionale non sarebbe stato meglio.
Lo afferma il presidente dell’Anci, e sindaco di Bari, Antonio Decaro, sul Corriere della sera dove chiede trasparenza sui dati del monitoraggio, spera che il Recovery non diventi il ‘salvadanaiò dei partiti e sprona il governo a progettare il futuro. L’Italia divisa in tre fasce? «Già a maggio noi sindaci avevamo chiesto parametri oggettivi che rispecchiassero i diversi territori. Se il sistema fosse stato messo a punto nella fase di riapertura, forse ci saremmo abituati prima. Ora dobbiamo fare i conti con parametri che peggiorano e restrizioni che aumentano, ma il momento degli allentamenti arriverà; i parametri sono oggettivi. Da un lato si responsabilizzano le regioni perché una parte dei parametri rispecchia l’offerta sanitaria e dall’altra si responsabilizzano cittadini e sindaci, perché l’indice RT dipende dai loro comportamenti. Ma lo stadio successivo è rendere trasparenti quei dati».
«Abbiamo contribuito a tenere il Paese dal punto di vista sociale, anche scendendo in strada in modo ruvido per far tornare le persone a casa – rileva – e quando c’era da mettere il piatto in tavola ci siamo assunti la responsabilità dei buoni per la spesa alimentare; le istituzioni devono stare insieme e dare messaggi univoci, altrimenti i cittadini pensano che le restrizioni siano politiche». Sul Recovery fund «la nostra proposta» è «in dieci temi» e «si chiama Città Italia perché la ripresa inizierà dai Comuni, come sempre è stato nella storia dopo i periodi bui. Non chiediamo risorse da gestire noi sindaci, vogliamo che il governo ci ascolti. La digitalizzazione, ad esempio. Per un sistema di smart city servono infrastrutture, soprattutto al Sud, investimenti per i piccoli comuni dell’area interna e per le grandi città. La mia paura è che il Recovery diventi un salvadanaio per le iniziative dei singoli ministri e delle parti politiche. Bisogna disincentivare l’uso dei mezzi privati, abbattere la CO2 attraverso la forestazione urbana e i nuovi sistemi di riscaldamento, ridurre la dispersione idrica. Tutte riforme all’insegna dell’economia circolare che sono nelle nostre proposte. Adesso, o mai più». ANSA