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“Se non paghi ti brucio l’auto”, arrestati 13 usurai baresi: le loro vittime a Japigia, San Pasquale e San Paolo – VIDEO

Pubblicato da: redazione | Lun, 9 Novembre 2020 - 11:55

Il nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari ha eseguito un’ordinanza – emessa dal G.I.P. del Tribunale di Bari su richiesta di questa Procura della Repubblica – applicativa della misura cautelare personale nei confronti di 13 soggetti, di cui 5 in carcere (M.M. cl. 1954, S.A. cl. 1975, S.T. cl. 1971, S.T. cl. 1985, S.V. cl. 1966) e 8 agli arresti domiciliari (S.T. cl. 1939, V.T. cl. 1939, M.G. cl. 1948, C.A. cl. 1956, C.M. cl. 1991, M.T. cl. 1957, M.D. cl. 1959, C.F. cl. 1968). Contestualmente, sono in corso perquisizioni personali e domiciliari a carico dei medesimi indagati.

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Le complesse indagini – coordinate dal Procuratore facente funzioni della Procura della Repubblica di Bari, Dott. Roberto Rossi, e dirette dal Sostituto Procuratore, Dott. Lanfranco Marazia – hanno disvelato condotte di usura di tipo “domestico” per centinaia di migliaia di euro, poste in essere, nel periodo 2011-2020, prevalentemente da donne appartenenti a 4 nuclei familiari nei confronti di loro vicini di casa, residenti nei quartieri popolari Japigia, San Pasquale e San Paolo di Bari.

In particolare, le attività investigative sono state avviate a seguito delle dichiarazioni rese da un’anziana donna di Bari, in gravi difficoltà economiche, la quale – presentatasi nel maggio 2019 presso il locale Nucleo PEF – aveva denunciato di essere stata e di essere, tuttora, vittima di usura da parte di diversi “aguzzini”.

L’attività investigativa è stata, quindi, sviluppata dai finanzieri del G.I.C.O. Bari mediante attività di intercettazione telefonica, pedinamenti, video-riprese, indagini finanziarie ed escussione in atti delle numerosissime vittime dell’usura, la maggior parte delle quali – dimostrando grande coraggio – ha fornito una preziosa collaborazione agli inquirenti per la ricostruzione dell’illecita attività creditizia e l’individuazione dei responsabili.

Il “modus operandi” dell’attività usuraria prevedeva la restituzione della somma prestata in un arco temporale ricompreso – nella maggior parte dei casi tra una settimana ed un massimo di 6 mesi – con l’applicazione di tassi di interesse annui fino a oltre il 5.000%. Spesso gli usurai costringevano le loro vittime a pagare gli interessi anche ricorrendo a violenze e minacce, quali – a titolo esemplificativo – le seguenti: “Se non paghi vengo e ti sbrano”; “Se non paghi ti brucio l’auto”; “Ti mando mio figlio con la pistola”, “…ti faccio saltare in aria…”.

Inoltre, per i prestiti ottenuti vigeva la regola del “salto rata”, ovvero la vittima – laddove non fosse stata in grado di pagare, alla scadenza, la rata pattuita – era costretta a versare una “penale”, denominata “solo interesse”, ammontante al 50% della rata mensile prevista, con la conseguenza che il debito residuo rimaneva inalterato e che i tempi di estinzione del prestito si allungavano.

Le attività investigative hanno, altresì, consentito di accertare che le singole rate dei prestiti usurari erano corrisposte in contanti o attraverso la ricarica di carte postepay prepagate intestate agli stessi usurai, nonché a persone loro vicine.
Oltre a famiglie con gravi difficoltà economiche, sono caduti nella “morsa” dell’usura impiegati, commessi ed operai, alcuni dei quali anche accaniti giocatori di “bingo”, “lotto”, “slot machine” e “gratta e vinci”, tanto che, in una circostanza, una vittima, “ludopatica”, si è ritrovata in difficoltà tali da dissipare intere fortune, arrivando persino a vendere l’abitazione nella quale viveva.
Nel corso delle indagini, in più, è stato possibile accertare che una delle aguzzine – nonostante le misure restrittive imposte dall’ultimo lockdown – non aveva esitato, pur di vedersi regolarmente pagata la rata mensile, a recarsi presso l’abitazione della sua debitrice e farvi ingresso, con la forza, priva dei dispositivi di protezione, nonostante nella casa vi fosse un’anziana allettata, con gravi problemi di salute.
Infine, è emerso che 6 dei 13 soggetti arrestati sono risultati percettori del Reddito di Cittadinanza, avendo dichiarato nelle pertinenti istanze di non essere titolari di alcun tipo di reddito.

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