Il consumo di droghe tra gli adolescenti è in aumento, ma i servizi pubblici e le comunità terapeutiche non riescono ad intercettare questo bisogno inespresso. E’ l’allarme lanciato dalla Commissione Parlamentare per l’infanzia, nello specifico dai presidenti della Federazione servizi dipendenze (FederSerD), della Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict) e del Coordinamento nazionale dei coordinamenti regionali che operano nel campo dei trattamenti delle dipendenze (InterCear).
Nello specifico, secondo quanto riportato dall’Ansa, il mercato degli stupefacenti è cambiato diventando sempre più diffuso sui territori. Ad aggravare la situazione il fatto che i costi delle droghe, stando ai dati, sono ormai al ribasso e che, inoltre, dall’inizio dell’emergenza sanitaria hanno preso piede nuove forme di compravendita che si sviluppano principalmente online, attraverso i siti web, a portata di mano soprattutto dei più giovani.
L’allarme, emerso durante la Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle dipendenze patologiche diffuse tra i giovani, ha inoltre reso noto un cambiamento di rotta nei confronti delle stesse sostanze. Se prima si faceva uso solo di sostanze stupefacenti tradizionali, oggi, sono moltissime le “nuove sostanze” che, a causa dei pochi fondi per la prevenzione non riescono ad essere identificate in maniera specifica e dunque arginate.
Stando ai dati ufficiali relativi al 2018, sono circa 880mila i ragazzi che hanno dichiarato di aver fatto uso di sostanze illegali, numeri che equivalgono nello specifico ad un ragazzo su tre tra quelli che vanno a scuola di età compresa tra i 15 e i 19 anni. Ma non solo. Il fenomeno, così come spiegano gli operatori impegnati sul campo è in costante aumento e riguarderebbe anche la fascia d’età che va dagli 11 ai 14 anni. Trattandosi di giovani vi è anche la scarsa propensione a recarsi nei centri spontaneamente, motivo per cui vi sono attualmente carenze importanti ed enorme difficoltà dei servizi pubblici nel tracciare il fenomeno.
Su 300mila persone che si rivolgono ai servizi pubblici per dipendenze legate al consumo di sostanze stupefacenti meno del 10% ha un’età inferiore ai 25 anni. Dati allarmanti che evidenziano quanto la fascia degli adolescenti sia rimasta schiacciata tra i piccoli e gli adulti e dunque soggiogata anche dalle sostanze legali come ad esempio, tra gli altri, alcool, analgesici oppiacei, benzodiazepine ed altri psicofarmaci che vengono assunti spesso in modalità mix, alimentando così il “policonsumo”, comportamento maggiormente a rischio tra gli adolescenti.
Secondo gli addetti ai lavori, l’unico modo per arginare definitivamente il problema, è quello di “agire sul territorio e costruire delle relazioni”, ripensando soprattutto ” i servizi classici in base a queste nuove tendenze giovanili. Inoltre, sempre secondo gli esperti, vanno anche attivati dei “percorsi di prevenzione strutturati specifici per minori con dipendenze”. In Italia, infatti, ne esistono pochi e risultano inoltre quasi, se non totalmente assenti in alcune regioni come Abruzzo, Basilicata, Sicilia, Calabria e Puglia “nonostante i numeri siano raddoppiati”.
Gli esperti lamentano anche un quasi azzeramento delle risorse economiche per la prevenzione da quando il fondo nazionale antidroga è confluito nel fondo delle politiche sociali nazionali. L’emergenza sanitaria, inoltre, non ha migliorato la situazione creando, al contrario, diversi disagi, soprattutto nei servizi residenziali per i minori, poiché, così come nelle Rsa per anziani, sono stati notevolmente ridotti gli incontri con le famiglie d’origine, fattore che ha aumentato di conseguenza anche gli abbandoni volontari con fasi di nuove accettazioni che si sono fatte più complicate a causa delle norme burocratiche riguardanti il rispetto della quarantena, con i giovani che, inoltre, in molti casi, reagiscono con sempre più attrito alla necessità di rispettare le regole imposte per contenere il contagio.