“Io li ho visti. In questi giorni, non a marzo. I giovani sani, non gli anziani superobesi. Le signore con la manicure fatta e la piega in ordine, non quelle trasandate di cui pensi che magari sono disattente a loro stesse. Io li ho visti. I figli terrorizzati. Le mamme positive in ospedale con i bambini a casa. I ricoverati a cui nessuno può portare i cambi della biancheria perché tutta la famiglia è in quarantena”. Il racconto è di una dottoressa specializzanda in medicina di urgenza e di emergenza al Policlinico di Bari che già durante il lockdown si è trovata, inseme ai suoi colleghi, ad affrontare l’emergenza Covid tra le corsie del Policlinico. La dottoressa ha ricominciato, come i suoi colleghi, a rivedere i letti pieni di ricoverati per Covid.
“Io – continua – le ho ascoltate le videochiamate che abbiamo ricominciato a fare. Li ho visti e fuori fa ancora caldo, possiamo far cambiare aria alle stanze e prendere il caffè all’aperto. Cosa sarà di noi fra 15 giorni? Perché io li ho già visti i 118isti stremati, i colleghi in burnout e gli infermieri a pezzi”.
“La prospettiva è la guerriglia fuori dagli ospedali per un posto letto – continua -. Perchè intanto chi doveva decidere, programmare, prevenire e risolvere ha pensato bene di sminuire, smentire, rassicurare senza alcun fondamento, visto che anche ad agosto c’erano i positivi in giro ma la campagna elettorale era più importante. Quindi smettiamola di dire che 15 giorni di lockdown o restrizioni dure sono la fine della nostra economia perché nel caso stiamo solo rinviando di qualche giorno l’inizio di sei mesi di morte, crisi irreversibile (che non si basa solo sul vostro pareggio di cassa) e disordini sociali. Quelli veri, non quelli programmati dalla camorra. E nel mentre, tutti complottisti con i morti degli altri. A ‘sto giro, gli altri siamo noi”.