La guardia di finanza di Lecce, coordinata dalla locale Direzione distrettuale antimafia, ha eseguito nel Salento una operazione antimafia (denominata «HYDRA») in esecuzione di un provvedimento di confisca di prevenzione di beni del valore di oltre 3,5 milioni di euro nell’ambito di una inchiesta contro un grosso giro di distribuzione e gestione di slot machine nel sud e centro Italia. I beni sono riconducibili a tre fratelli di Racale, Pasquale, Pietro e Saverio De Lorenzis, ritenuti socialmente pericolosi in quanto contigui ai clan della Sacra Corona Unita. La confisca riguarda le quote societarie nonché dell’intero compendio aziendale di una società creata ad hoc per coprire l’attività illecita del gruppo nel gioco d’azzardo; con oltre 1500 slot machine dislocate nel centro e sud Italia, tre conti correnti e 22 automezzi, oltre a quasi 400mila euro in contanti.
Il provvedimento rappresenta l’epilogo delle indagini condotte dal Gico del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Lecce che mette la parola fine ad un lungo iter giudiziario iniziato con un provvedimento di sequestro poi impugnato dai De Lorenzis con la conseguente temporanea restituzione dei beni. Le indagini hanno dimostrato la riconducibilità alla compagine salentina della Oxo Games srl , una società a responsabilità limitata di Melissano (Lecce), leader nel settore del gaming e delle scommesse che, al fine di «schermare» i proventi derivanti dal gioco d’azzardo, aveva costituito una nuova impresa solo formalmente intestata ai dipendenti di un’altra azienda «di famiglia» già, per altro, colpita da una misura interdittiva antimafia della Prefettura di Lecce. Le investigazioni della Dda di Lecce e dei finanzieri hanno accertato invece che la gestione era nelle mani del gruppo criminale di Racale che utilizzava prestanome per continuare ad imporre la propria leadership nella gestione del gioco d’azzardo, massimizzando i profitti anche grazie al ricorso alla manipolazione fraudolenta e successiva distribuzione di apparecchi elettronici in grado di frodare non solo i giocatori ma anche il fisco,. I proventi illeciti venivano investiti nella società salentina confiscata e utilizzati, grazie ad un accordo mafioso tra imprenditori e appartenenti alla Sacra Corona Unita, per garantire protezione e «penetrazione» commerciale in tutti i territori gestiti dai clan, in cambio di spartizione di guadagni, assunzioni e «regalie»ai mafiosi, come ad esempio un prezioso anello in occasione delle nozze di una donna appartenente ad una delle famiglie di spicco della Scu gallipolina, ma anche auto e cure mediche agli altri componenti, o denaro nel momento della scarcerazione, pagamento di avvocati, ecc.. Non sono mancate, secondo gli investigatori, elargizioni a «fondo perduto» per finanziare iniziative imprenditoriali delle famiglie mafiose salentine, tra cui anche l’acquisto di strutture ricettive nella zona di Gallipoli in cui la Scu ha deciso di riciclare i proventi delle proprie attività.