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Inchiesta Banca Popolare di Bari, il gip: “Jacobini comandavano anche dopo commissariamento”

Pubblicato da: redazione | Mer, 30 Settembre 2020 - 16:30

«Nonostante l’uscita formale dalla banca», Marco e Gianluca Jacobini, padre e figlio rispettivamente ex presidente ed ex condirettore generale della Popolare di Bari, «continuavano a poter fare affidamento su una serie di soggetti fedeli», cioè «il sistema di potere costruito dalla famiglia Jacobini» sarebbe proseguito anche dopo il commissariamento della banca deciso a dicembre 2019 da Bankitalia.

È uno dei particolari che emergono dagli atti giudiziari che hanno portato ieri all’arresto ai domiciliari di Gianluca Jacobini e alla interdizione di Marco per concorso nella bancarotta fraudolenta del gruppo Fusillo di Noci (Bari). Nell’ordinanza del gip del Tribunale di Bari Luigia Lambriola si parla di «influenza straripante di Gianluca Jacobini all’interno della banca», il quale «utilizzava» e «modellava la banca a seconda dei propri interessi» e che, dopo l’uscita formale di scena, avrebbe continuato insieme con il padre a tenere i rapporti con almeno dodici funzionari. L’elenco dei dipendenti «amici» è riportato nelle carte, con il contenuto delle chat e dei messaggi che si sarebbero scambiati fino a gennaio 2020, quando poi i due Jacobini sono stati arrestati per la prima volta nell’ambito di un’altra inchiesta sulla gestione dell’istituto di credito per la quale sono attualmente a processo. Nei messaggi, i dipendenti continuavano a chiamare Marco Jacobini «presidente» e a definire la Popolare di Bari «la Tua banca» scrivendolo con la T maiuscola, fornendo informazioni riservate. C’è anche qualche correntista che gli augurava di «continuare a dirigere la banca da dietro le quinte».

Ad una dipendente della Banca popolare di Bari Gianluca Jacobini aveva affidato via chat «il ruolo strategico di monitorare costantemente i movimenti degli ispettori di Banca d’Italia e di informare il capo sull’identità dei dipendenti chiamati a colloquio con gli ispettori». È uno dei dettagli che emergono dalla lettura degli atti giudiziari sul crac del gruppo imprenditoriale Fusillo. Nell’ordinanza firmata dalla gip del Tribunale di Bari Luigia Lambriola, c’è il riferimento ad una chat di gruppo creata da Gianluca Jacobini con una «ristretta cerchia di collaboratori fidati» dal nome «One against all», cioè «uno contro tutti». La chat risale al 2016, lo stesso periodo in cui Bankitalia aveva disposto una ulteriore ispezione sulla banca barese. Accertamenti che tre anni dopo, nel dicembre 2019, hanno portato al commissariamento dell’istituto di credito. «La battaglia per la banca è finita. Non vedo prospettiva» dice nel gennaio successivo Nicola Ancora, l’allora dg della Cassa di Risparmio di Orvieto, istituto del gruppo BpB, parlando al telefono con Gianluca Jacobini. «Quella sicuro – gli risponde Jacobini, definito negli atti »il figlio importante del presidente« – . E non da ora. Ma c’è altro che si può fare e io purtroppo non posso da solo. Preparati».

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